‘Schuldenbremse’, «freno del debito» in tedesco. È questo, assieme alla guerra in Ucraina gestita maldestramente dall’Occidente che ha mandato alla malora la Germania. Ora il Paese in ginocchio strepita su quello che avrebbe dovuto essere fatto. Esempio, che in alcuni frangenti storici il «deficit spending», fare debiti, è necessario. E il coraggio di smarcarsi da un’Unione Europea prona alle paturnie di Biden, forse avrebbe consentito di ottenere tre anni fa quello che si mendica oggi.
«I colloqui con la Russia per un accordo sulla fine della guerra in Ucraina sono andati molto bene», afferma Trump. «Se i Paesi europei vogliono inviare truppe in Ucraina dopo l’accordo, agli Stati Uniti va bene» (ma a Mosca No). Europa dopo. Come Zelensky, ‘in esilio’ ad Ankara da Erdogan, «Negoziare sull’Ucraina ed esplorare le opportunità economiche offerte dalla fine del conflitto» la sintesi efficace del manifesto. «Parte a riad un cambio di regime globale, Usa e Russia vanno da soli».
I nostri politici, giornalisti ed intellettuali, coinvolti nella difesa del presidente della Repubblica, dovrebbero leggere tra le righe delle ripetute dichiarazioni di Maria Zakharova, che non è una “bionda truccatissima benvestita” e “sedicente portavoce” – come l’ha definita improvvidamente Crosetto - ma è proprio la portavoce del Ministero degli Esteri russo. Tutto ciò che dice riflette fedelmente la postura internazionale di Mosca.
A fine gennaio tre compagnie di sicurezza privata – due americane e una egiziana – hanno preso in consegna dalle truppe israeliane la gestione del check-point tra il Netzarim Corridor e la strada Salah al-Din nella Striscia di Gaza. La Casa Bianca, la Oval Office, i salotti bene (e nemmeno tanto bene) di Washington assomigliano ormai a un grande souk mediorientale. Tutti parlano, tutti commentano. Gaza come un tappeto conteso: chi può davvero venderlo?
Meloni è una funambola su un filo sempre più sottile, con il rischio di precipitare nel vuoto. A Parigi ha cercato di tenere a bada Macron, senza però offrire alternative credibili
Giorgia Meloni continua a muoversi su un filo sottile, oscillando tra fedeltà agli Stati Uniti e il tentativo di mantenere una parvenza di autonomia in Europa.