ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

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Vivere da cittadini, lavorare con dignità. Un appello

Vivere da cittadini, lavorare con dignità. Un appello

Il Premio Nobel Giorgio Parisi, le politologhe Donatella della Porta e Nadia Urbinati, il farmacologo Silvio Garattini, lo storico dell’arte Salvatore Settis sono tra i 40 promotori di quest’appello che invita a votare per i 5 referendum su cittadinanza e lavoro dell’8 e 9 giugno 2025.

Siamo in un mondo segnato da instabilità e conflitti, siamo in un’Italia in declino, tra crisi economiche e fragilità sociale. L’incertezza sul futuro condiziona la nostra vita e colpisce in particolare le generazioni più giovani. Le regole che ci diamo, tuttavia, sono lo strumento che abbiamo per ridurre quest’insicurezza.

Negli ultimi anni le condizioni di incertezza e precarietà sono state aggravate anche da alcune politiche che regolano la nostra vita e il nostro lavoro. Diventare cittadini italiani è diventato più difficile per chi è di origine straniera. Le tutele del lavoro sono state ridotte, con effetti negativi sulla qualità dell’occupazione, sui salari, sulle disparità tra uomini e donne, sulla sicurezza sul lavoro. Politiche di questo tipo hanno alimentato la sfiducia, allontanato le persone dalla politica, aggravato la crisi della democrazia. Non è una deriva inevitabile. Le regole e le politiche possono essere cambiate per dare più protezione a chi vive e lavora in Italia.

L’8 e 9 giugno 2025 si potrà votare per 5 referendum che chiedono di cancellare alcune misure che hanno peggiorato le condizioni di vita e di lavoro in Italia.

  1. Vivere da cittadini. Riduciamo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri. Chi la ottiene potrà poi trasmetterla a figli e figlie minorenni. Circa due milioni e mezzo di persone potrebbero così vivere da cittadini. Abroghiamo la legge che nel 1992 ha raddoppiato il periodo di soggiorno richiesto.
  1. Vite meno precarie. Riduciamo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato, limitandone l’utilizzo a esigenze specifiche. Oltre due milioni e mezzo di persone, soprattutto giovani, lavorano oggi con contratti a termine e vivono una condizione di precarietà, insicurezza e bassi salari.
    Abroghiamo le norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine.
  1. Lavorare senza licenziamenti illegittimi. Riduciamo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa. Tre milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori a tempo indeterminato sono stati assunti dopo il 2015 in imprese con oltre 15 dipendenti. Per loro le imprese possono effettuare licenziamenti senza giusta causa e non è possibile per loro ottenere dal giudice il reintegro nel posto di lavoro.
    Abroghiamo le norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi.
  1. Lavorare senza discriminazioni. Riduciamo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. Tre milioni e mezzo di persone lavorano in imprese con meno di 16 dipendenti. Per loro le imprese possono effettuare licenziamenti senza giusta causa e offrire un indennizzo limitato a sei mensilità.
    Abroghiamo le norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, lasciando al giudice del lavoro la possibilità di definire l’indennizzo.
  1. Lavorare senza infortuni. Riduciamo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ogni anno ci sono in Italia quasi 600 mila denunce di infortuni e oltre mille morti sul lavoro. Gran parte di questi avviene in imprese che operano in subappalto, spesso piccole aziende senza procedure di sicurezza adeguate.
    Abroghiamo le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.

Si tratta di questioni importanti, che possono indirizzare il nostro Paese verso una traiettoria di sviluppo civile e sociale più avanzata, vicina ai maggiori paesi europei. Oggi due milioni e mezzo di persone di origine straniera vivono da anni in Italia e non hanno il pieno riconoscimento dei diritti di cittadinanza. Oggi cinque milioni e mezzo di persone lavorano con contratti a tempo determinato o a tempo parziale, quasi il 30% dei lavoratori dipendenti; sono in gran maggioranza donne e giovani, con salari più bassi e più esposti a condizioni di povertà.
Un cambiamento delle politiche può rovesciare le misure che hanno aggravato insicurezza e precarietà. I 5 referendum sono l’occasione per fare in modo che le politiche tornino a proteggere le persone, e che la politica sia fatta di partecipazione e democrazia.
In un mondo segnato da derive autoritarie, lo strumento che abbiamo per fermarle è proprio la pratica della democrazia, a cominciare dalla partecipazione al voto per i referendum.
Per queste ragioni, sui 5 referendum – come persone impegnate nel mondo dell’università e della ricerca – vogliamo contribuire a una discussione sul futuro del Paese – sulla qualità della vita, del lavoro e della democrazia.

Per queste ragioni, l’8 e 9 giugno 2025 invitiamo a partecipare ai 5 referendum e a votare SI.

30/04/2025

da Sbilanziamoci

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