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Tutto per restare al comando

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Israele. In Israele le elezioni, che con ogni probabilità saranno anticipate, si avvicinano. E tutto si gioca, con il consueto cinismo, sulle vite dei gazawi

Gaza è il tragico palcoscenico di un genocidio ma anche di una lotta di potere dentro a Israele. Ieri, qualche ora prima del gabinetto di sicurezza convocato da Netanyahu, uno dei suoi alleati, il ministro delle finanze Smotrich, visitava un insediamento illegale dei coloni in Cisgiordania.

E si faceva fotografare sorridente con un muro alle spalle dove era scritto: «Morte agli arabi». Il capo di stato maggiore Eyal Zamir affermava che occupare Gaza poteva rivelarsi un «buco nero» dal quale sarebbe stato difficile uscire mentre i parenti degli ostaggi reclamavano, navigando verso le coste della Striscia, che si stava mettendo in pericolo la vita degli ostaggi.

Che cosa è successo? È accaduto che il premier Netanyahu potrebbe aver fatto ancora una volta i conti sbagliati. All’inizio di luglio, dopo la guerra dei 12 giorni contro l’Iran condotta insieme agli Usa di Trump, era al massimo della popolarità nei sondaggi. Se allora avesse negoziato con Hamas la tregua e il rilascio degli ostaggi sarebbe stato comunque considerato un vincitore. Ma spinto dall’ala più estremista del suo governo ha voluto andare oltre: l’occupazione della Striscia – già conquistata per altro al 75% – e la liberazione, probabilmente con la forza, degli ostaggi.

Un’operazione ad alto rischio come sicuramente hanno sottolineato i vertici delle forze armate. Il capo di stato maggiore Zamir ha avuto ieri un sussulto di dignità affermando che lui avrebbe detto a Netanyahu senza remore la sua opinione. È evidente che tra il potere civile e quello militare ci sono differenze di valutazione e una ben diversa considerazione tra l’impegno dei militari che rischiano la pelle sul terreno e quello dei politici come Netanyahu che hanno come solo obiettivo quello di restare in sella.

Il piano dei generali prevede l’accerchiamento di Gaza City e dei campi centrali per isolare il territorio e confinare i combattimenti. Poi: fuoco massiccio, ingressi truppe mirati, e soprattutto evitare trappole. Ma le elezioni, con ogni probabilità anticipate, si avvicinano. E tutto ovviamente si gioca, con il consueto cinismo, sulle vite dei palestinesi.

Bibi Netanyahu ha come obiettivo occupare Gaza ma senza accollarsi la responsabilità di governarla, lasciandola a una, per ora assai fantomatica, entità civile, come ha dichiarato in un’intervista alla rete trumpiana statunitense Fox. «Trasferiremo l’amministrazione provvisoria a un soggetto terzo se Hamas cederà le armi e riconsegnerà gli ostaggi», ha detto all’emittente indiana Cnn18 in seguito a un incontro con l’ambasciatore di Nuova Delhi, J.P. Singh. Netanyahu ha inoltre sottolineato che occorre distinguere tra «civili innocenti e Hamas». Cosa che in realtà non ha mai fatto sterminando oltre 61mila palestinesi tra cui migliaia di donne, vecchi, bambini, usando l’arma della fame per eliminarli. C’è da credere che questa distinzione la farà domani?

In realtà Israele, con l’appoggio più o meno velato degli Usa, continuerà la pulizia etnica della Striscia, ma in maniera estrema e determinata. Come probabile l’Idf inizierà con la presa di Gaza City. Gli abitanti, circa un milione di persone (metà dei residenti della Striscia), saranno evacuati. Sarà un’operazione logistica di primo livello che durerà settimane in cui saranno costruite infrastrutture temporanee per gli sfollati. In pratica significa il concentramento di centinaia di migliaia di persone in un’area esigua già super affollata, dove non ci sono cibo e medicine e gli ultimi ospedali stanno per collassare.

Un tempo Gaza, perennemente sotto assedio da anni, veniva definita un prigione a cielo aperto: questo cielo si sta per richiudere con lo scopo di spingere la popolazione verso la più cupa disperazione.

La vice presidente della Commissione europea, la spagnola Teresa Ribera, affermava in un’intervista rilasciata in queste ore a Politico che quello che sta accadendo a Gaza «somiglia molto a un genocidio». La commissione Ue per ora non ha mai pronunciato questa parola e qui si discetta molto sui media per definire quello che abbiamo di fronte. Ma se vogliamo è molto più semplice qualificare il nostro comportamento come europei di fronte a questo sterminio: una vergogna. Semplicemente e senza appello.

08/08/2025

da Il Manifesto

Alberto Negri

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