Forzare il patto di stabilità, usare i fondi russi congelati all’estero, racimolare i soldi non spesi del Pnrr, riformare il mercato dei capitali per la felicità dell’industria bellica. L’Europa accelera sul riarmo per l’Ucraina, mentre Trump rincara la dose: «Resterete soli»
Affondo perduto. Strage in un campo di addestramento nel Dnipropetrovsk: un missile russo uccide decine di soldati durante un’adunata
«L’America non sopporterà ancora a lungo. Questo tizio non vuole che si arrivi alla pace finché avrà gli Usa a coprirgli le spalle». E dunque, lascia intendere Donald Trump nel suo commento dopo la riunione che doveva decidere sugli aiuti all’Ucraina, presto questa sicurezza verrà a mancare. Non si danno dettagli, meglio lasciare Volodymyr Zelensky, reo di lesa maestà durante la conferenza stampa alla Casa bianca di venerdì scorso, nell’inconsapevolezza, che è la colonna portante di ogni intimidazione. «E l’Europa» continua il tycoon, «ha dichiarato apertamente di non potercela fare senza gli Usa… forse non è una grande affermazione da fare in termini di dimostrazione di forza contro la Russia. A cosa stanno pensando?».
NELLE ULTIME ORE in Ucraina il pensiero fisso è l’ennesima strage inutile di soldati causata dall’incompetenza di qualche ufficiale. Sabato sera, infatti, un missile russo ha colpito il centro di addestramento del 168° Battaglione di riserva di stanza a Novomoskovsk, nella regione di Dnipro. I soldati, reclute e istruttori erano stati ammassati nella piazza d’armi per un’adunata quando è arrivato un missile balistico nemico, probabilmente imbeccato da un drone spia non rilevato dalla contraerea.
Si è trattato di una strage: i numeri non sono noti, e probabilmente il governo di Kiev non li chiarirà mai, ma oscillano tra i 39 morti e i 150 oltre a più di un centinaio di feriti. Da Mosca il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha chiarito che anche se sono in corso dei colloqui con l’amministrazione Usa gli attacchi continueranno «per raggiungere tutti gli obiettivi fissati fin dall’inizio». Gli ufficiali e i sottufficiali del battaglione e del centro sono stati allontanati, alcuni sono agli arresti, ma il caso ha destato scandalo nell’opinione pubblica ucraina nonostante i tentativi di insabbiamento delle autorità militari. Si potrebbe imputare questa strage al momento di stanchezza e ai problemi al fronte, dove gli ucraini sono in lenta ritirata da mesi, ma non si tratta del primo episodio del genere.
ZELENSKY non si è soffermato sul caso, ma citando attacchi a Kharkiv e nel resto del Paese ha ribadito che la Russia non vuole la pace, dato che «chi cerca di negoziare non colpisce deliberatamente i civili con missili balistici». Il capo di stato ha sottolineato ancora una volta che «dobbiamo fermare la guerra e garantire la sicurezza» e che «speriamo molto nel sostegno degli Stati uniti nel cammino verso la pace. La pace è necessaria il prima possibile». Poco dopo sul sito di Associated Press è apparsa una foto di Zelensky molto preoccupato con il titolo «La fine della guerra con la Russia è molto molto lontana». Per Donald Trump e i suoi fedelissimi è stato un assist perfetto. Non si è ovviamente risparmiato il megafono mediatico del miliardario Elon Musk, che su X ha commentato: «Zelensky vuole una guerra eterna, un tritacarne di corruzione senza fine. Questo è il male».
DEL RESTO, l’intera politica estera della Casa bianca sulla guerra in Ucraina, e di rimando sull’Unione europea, ormai si è trasformata in una dimostrazione di forza costante nella quale chi non si piega alla volontà di Trump diventa subito un nemico, e come tale viene coperto di insulti e accuse. Ma se sul piano diplomatico i leader europei devono scontrarsi prima con le proprie insicurezze sistemiche, stuzzicate abilmente dal presidente repubblicano che sa bene dove colpire – «l’Europa ha speso più soldi per acquistare petrolio e gas russi di quanti ne ha spesi per difendere l’Ucraina» – su quello pratico è Kiev a tremare.
L’amministrazione Usa insiste per nuove elezioni: l’ultimo, in ordine temporale, è stato il Consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, secondo il quale c’è bisogno «di un leader che possa trattare con noi, con i russi a un certo punto e porre fine a questa guerra». D’accordo il Cremlino, che oltre a gioire della «frammentazione dell’Occidente», ormai dichiara apertamente che è Zelensky a «non volere la pace» per cui servirebbe qualcuno che lo «costringa» a volerla. Per ora questa dicotomia, presidenza Zelensky contro accordo di pace, non è accettata dall’Ue che si è arroccata a difesa dell’alleato est-europeo. Il diretto interessato lo sa e prima di lasciare Londra ha dichiarato che «dato quello che sta accadendo, dato il sostegno, sostituirmi non sarà così facile».
REALISMO e attaccamento alla poltrona vanno di pari passo in un momento così delicato, anche se è il presidente stesso ad aver dichiarato che in cambio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato sarebbe pronto a lasciare subito la sua carica. Tuttavia, e Zelensky lo sa meglio di tutti, al momento l’ingresso di Kiev nel Patto atlantico è quanto di più irrealistico si possa immaginare. Senza contare che, come affermano persino i vertici militari ucraini, se Trump non firmerà per l’invio di nuove armi, da qui a sei mesi i problemi al fronte diventeranno insormontabili.
04/03/2025
da Il Manifesto