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Trump-Putin, dopo la notizia del vertice si muove la Cina

Trump-Putin, dopo la notizia del vertice si muove la Cina

Quella in Ucraina è già una guerra mondiale. Non appena si sono mossi Trump e Putin per vertice dai mille risvolti si è svegliata pure la Cina. Ieri lunga telefonata tra il leader del Cremlino e il Presidente Xi Jinping per fare il punto delle relazioni tra i due Paesi. Ma soprattutto per raccordarsi in vista del faccia a faccia con Trump fissato per il 15 agosto in Alaska.

Un segnale inequivocabile

Putin e Xi, segnale inequivocabile: la partnership strategica tra Russia e Cina è più solida che mai e pronta a reggere le nuove possibili sfide della Casa Bianca. Certo, a Mosca hanno l’occhio lungo e si fidano della Cina fino a un certo punto. E viceversa (Confucio e Lao-Tze docet). D’altro canto, la partita è troppo grossa e Zelensky non c’entra proprio niente: sulla pelle degli ucraini si decidono i prossimi scenari geopolitici del pianeta. Ma dall’altro lato del mondo, nell’Indo-Pacifico. Secondo quanto riportato dall’emittente statale cinese CCTV, Putin ha in pratica messo al corrente Xi dei colloqui con gli americani, in un certo senso ‘tranquillizzandolo. In alcuni ambienti, infatti già circolavano illazioni sul vero obiettivo di Trump, che è quello di spezzare la saldatura, sempre più stretta, del blocco Cina-Russia, visto anche come un pericoloso polo di aggregazione per i ‘non allineati’. Insomma, il vero nemico del «pensiero unico occidentale», già sommerso di critiche, in tutto il Terzo mondo, per l’ignavia e il ‘doppiopesismo’ dimostrati di fronte allo sterminio programmato dei palestinesi di Gaza.

Trump tra Mosca e Pechino

Quale potrebbe essere, allora, la prossima mossa di Trump per cercare di allargare il solco tra Mosca e Pechino, puntando al motore dei due sistemi-Paese? Gli esperti non hanno dubbi e parlano della Cina come di una probabile e imminente vittima dei dazi doganali ‘straordinari’, già adottati disinvoltamente contro un gigante economico (e politico) come l’India. Si tratta di quella che noi, per semplificare, abbiamo già chiamato ‘tassa-Putin’, perché si applica a tutti coloro che esportano negli Stati Uniti prodotti fabbricati grazie all’energia che arriva dall’import di petrolio o gas russo. Un esempio a caso? La Cina, che comprando il greggio di Mosca ‘a prezzo politico’, fa un piacere al Cremlino e, soprattutto, un gran favore a sè stessa e alla sua bilancia commerciale. «La Russia è la principale fonte di importazioni di greggio della Cina – scrive il South China Morning Post di Hong Kong – con un quantitativo record di 108,5 milioni di tonnellate, pari al 19,6 per cento delle sue importazioni totali, lo scorso anno. Guo Jiakun, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha dichiarato che ‘Pechino adotterà misure di approvvigionamento energetico… basate sugli interessi nazionali, mentre le guerre tariffarie non hanno vincitori».

L’aggressività perdente di Trump

E Pechino non è stata la sola capitale a reagire immediatamente all’offensiva daziaria di Trump. Il primo Paese a essere stato preso di mira dalla Casa Bianca, proprio in relazione alla guerra in Ucraina, è stato l’India, qualche giorno fa. Tra l’altro, uno stretto partner di Washington, che fa parte del patto ‘QUAD’, un’alleanza organizzata in funzione anticinese, assieme all’Australia e al Giappone. Ma anche il Premier Narendra Modi, allarmato dalla furia diplomatica di Trump, ormai senza freni e incapace di distinguere gli amici dai nemici, ha parlato al telefono con Putin. Insomma, pare che la strategia Usa e dell’Europa che gli va appresso, sia proprio quella che per salvare Zelensky sia ormai necessario minacciare il resto del pianeta. «Ho avuto una conversazione molto interessante e approfondita con il mio amico, il Presidente Putin – ha scritto Modi sui social media – e l’ho ringraziato per aver condiviso con me gli ultimi sviluppi sull’Ucraina. Non vedo l’ora di ospitare il Presidente Putin in India, più avanti quest’anno». E così un primo messaggio, con gli interessi, torna sia a Washington che ai guerrafondai di Bruxelles, che comunque combattono con prospettive radicalmente diverse rispetto a quelle di Trump.

Petrolio russo per il sud del mondo

«Il petrolio proveniente dalla Russia continuerà a fluire verso sud nel lungo periodo – riporta il SCMP – perché ‘gli obiettivi strategici della Cina richiedono una fornitura stabile e sicura di risorse critiche come il petrolio. È questo il parere di Matt Gertken, capo stratega geopolitico di BCA Research Canada. I suoi commenti sono arrivati mentre Trump intensificava la minaccia di sanzioni alla Russia se non avesse accettato un cessate il fuoco in Ucraina. In precedenza, sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea avevano annunciato sanzioni generalizzate nei confronti della Russia e avevano anche cercato di tagliarne i fili vitali minacciando sanzioni secondarie contro coloro che la aiutavano». Certo, a guardare i numeri bisogna sottolineare che qualcosa nell’anno in corso è cambiato. I dati doganali cinesi indicano un rallentamento significativo negli ultimi mesi. Il volume di petrolio russo importato da gennaio a giugno è diminuito del 10,9% su base annua, attestandosi a 49,11 milioni di tonnellate. È probabile che la flessione sia riconducibile alle sanzioni imposte da Washington sulle esportazioni marittime russe. Inoltre, è ipotizzabile anche che Pechino stia adottando una strategia di diversificazione delle fonti di greggio, anche se la Russia rimane il suo principale fornitore. In ogni caso, fatti i conti e tirate le somme, non sembra proprio che il programma dei dazi secondari, applicabili con finalità politiche, da noi definiti come ‘tassa-Putin’, riesca a spostare in modo significativo gli attuali equilibri internazionali. Anzi, da una prima ricognizione delle reazioni, pare che l’impatto delle decisioni trumpiane, acriticamente fatte proprie dall’Unione Europea, possa addirittura compattare e rendere più forte il fronte anti-occidentale.

Blocco euroasiatico Russia-Cina

  • Sicuramente, vista la congiuntura attuale, è destinato in qualche modo a cementarsi ulteriormente il blocco eurasiatico Russia-Cina. Un processo che parte da lontano, ma che è stato accelerato nel corso degli ultimi due anni. In primavera, durante l’incontro di Mosca, Putin e Xi Jinping hanno concordato di approfondire il coordinamento strategico e promuovere una crescita qualitativa delle relazioni. Ora, il leader del Cremlino parteciperà al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai nella città portuale cinese di Tianjin dal 31 agosto al 1° settembre.
  • Mentre il calendario già predisposto prevede un meeting con Xi il 2 settembre, seguito dalle commemorazioni della Seconda guerra mondiale a Pechino il 3 settembre. Sarà proprio in quel giorno che la Cina terrà la grande parata militare per celebrare l’80° anniversario della vittoria sul Giappone, nella Seconda guerra mondiale. Una vittoria resa possibile dal sangue versato da centinaia di migliaia di giovani soldati americani. Trump sarà presente?

10/08/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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