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Trump e Putin accelerano la crisi globale. E l’Europa rischia di seguirli

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Dagli Stati Uniti alla Russia, in questi mesi mesi stiamo assistendo a delle possenti spallate al diritto internazionale, agli organismi transnazionali, in buona sostanza alle regole (scritte e non) che il mondo si è dato dopo la Seconda Guerra mondiale per evitare che ci fossero altri conflitti globali e far sì che il piano del diritto prevalesse su quello dell’aggressione militare.

Il mondo costruito nel secondo dopoguerra - e che sembrava ormai consolidato e quasi dato per garantito – viene smantellato, lasciando le popolazioni mondiali inerti e sbigottite mentre lo vedono rapidamente sgretolarsi.

In politica estera tornano le aggressioni militari per annettere territori: lo stiamo vedendo con l’invasione in Ucraina della Russia di Putin, le cui mire hanno messo in allarme anche i paesi baltici e scandinavi; lo stiamo vedendo con le minacce di Trump di annessione ora della Groenlandia, ora del Canada, ora di Panama.

Ma, osserva in un editoriale sul Guardian Alberto Alemanno, professore di Diritto dell'Unione europea all’HEC di Parigi e fondatore di The Good Lobby, “Trump e Putin hanno involontariamente dato all'Europa un senso comune di scopo e la necessità di un'azione urgente. La questione non è se gli europei siano pronti a rispondere: i sondaggi dimostrano che lo sono. La questione è se i leader europei continueranno a vagare come sonnambuli fino a diventare irrilevanti, o peggio”.

Secondo i recenti dati dell'Eurobarometro, il 74% degli europei considera positiva l'adesione all’Unione Europea. Si tratta del livello di sostegno all’UE più alto mai registrato: l’integrazione europea non è solo importante, è percepita come una questione esistenziale, spiega Alemanno.

Le guerre commerciali, le aggressioni militari che non rispettano i confini, il sentirsi intrappolati tra la coercizione economica e l'intimidazione militare fanno intravvedere nell’Europa l’ultimo baluardo di democrazia – anzi, di sopravvivenza democratica. L’UE è percepita come l’ultimo spazio in cui si parlano ancora il linguaggio dell’integrazione tra Stati della cooperazione, del multilateralismo, dello Stato di diritto: in altre parole, l’ultimo organismo politico transnazionale in grado di fare politiche tenendo insieme le sorti del pianeta nella sua globalità.

Eppure, riflette Alemanno, invece di opporsi a Putin e a Trump, i leader europei ne seguono le tracce sia nell’agenda politica sia nell’esercizio del potere: “Questa è la vera tragedia: i governi europei non mettono più in pratica gli ideali che predicano. Sebbene l’UE continui a parlare il linguaggio del multilateralismo e della leadership climatica, la sua direzione politica e quella della maggior parte dei suoi Stati membri rispecchiano sempre più quella di Trump”.

In materia di migrazione, il nuovo patto dell'UE sull'immigrazione e l'asilo ridefinisce l'asilo come un rischio per la sicurezza, facendo eco alla repressione dell'immigrazione di Trump. L’Europa ha rotto col diritto d’asilo, trascurando tutti i principi sulla protezione dei rifugiati contenuti nelle convenzioni internazionali, che in molti paesi sono già lettera morta. L’Italia non è sola ad aver portato le politiche anti immigrazione all’estremo, tanto da violare contemporaneamente norme interne, costituzionali, europee e trattati internazionali. 

Sul clima, la Commissione europea di Ursula von der Leyen sta indebolendo silenziosamente il Green Deal e sta ritardando l'adozione di leggi fondamentali, sulla scorta dello smantellamento delle politiche volute da Biden negli Stati Uniti.

Anche la società civile è sottoposta a pressioni crescenti. Il Partito Popolare Europeo (PPE), cui afferisce von der Leyen, ha lanciato un attacco senza precedenti alle ONG, minacciandone i finanziamenti e la legittimità. Infine, la risposta dell'UE al divieto del pride in Ungheria e all’erosione dei diritti civili in Ungheria (e in altre regioni europee) è stata nel migliore dei casi tiepida.

“Ma forse la convergenza più pericolosa risiede nel modo in cui viene esercitato il potere”, spiega Alemanno. Seguendo le orme di Trump – che governa per decreto esecutivo, riducendo il peso del Congresso – l'attuale Commissione sta centralizzando il potere, approvando complessi pacchetti “omnibus” e aggirando il Parlamento europeo.

“Quello a cui stiamo assistendo non è solo una rottura dell'alleanza transatlantica, ma qualcosa di più insidioso”, osserva Alemanno: “Ci sono segni di una convergenza ideologica tra l'America di Trump e l'attuale centro politico europeo, dove i partiti rubano sempre più idee all'estrema destra – come in Germania – o governano con quei partiti, direttamente o indirettamente. Questa non è solo la realtà in molti paesi dell'UE, ma anche nel sistema stesso dell'UE sotto von der Leyen”, che fa sempre più affidamento al sostegno di gruppi come i Conservatori e Riformisti Europei (ECR) – un tempo considerati conservatori moderati, ma che ora riuniscono Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, partiti di estrema destra più radicali come Reconquête in Francia e i Democratici Svedesi – , i Patrioti per l'Europa (PfE), co-guidato da Marine Le Pen e Viktor Orbán, e l'ancora più estremo Europa delle Nazioni Sovrane (ESN), dominato dall'AfD.

18/06/2025

da Valigia blu

Redazione

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