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Sulle forniture il governo mente

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I cooperanti Lo Stato maggiore della Difesa convoca le aziende del settore disposte a vendere sistemi dual use alle forze armate di Tel Aviv

Il governo italiano ha mentito sui rapporti militari con Israele. In una e-mail inviata il primo luglio ai membri dell’Aiad (Federazione aziende italiane per l’aerospazio la difesa e la sicurezza, la sezione di Confindustria per la Difesa) si smentiscono mesi e mesi di dichiarazioni di Meloni, Crosetto, Tajani e degli altri vertici dei partiti di maggioranza.

Nel corpo del messaggio, che il manifesto ha potuto visionare direttamente, si legge: «La Direzione nazionale armamenti ci informa che, nel corso del mese di luglio, lo Stato maggiore della Difesa terrà un incontro con rappresentanti militari israeliani, al termine del quale è prevista anche la discussione di un piano di cooperazione bilaterale». Lo scopo è quello di stringere accordi commerciali militari con gli emissari di Netanyahu, come specifica l’Aiad ai mittenti. Ma ancor più grave, data la situazione a Gaza e la politica di Israele post-7 ottobre, è il fatto che lo Stato maggiore ha previsto la stipula di un nuovo partenariato bilaterale, nonostante la presenza del memorandum d’intesa che già lega i due Paesi dal punto di vista militare a partire dal 2005 e che sarà rinnovato all’inizio dell’anno prossimo.

LA PREMIER Giorgia Meloni il 15 ottobre 2024 ha dichiarato che «dopo l’avvio delle operazioni militari israeliane a Gaza il governo ha sospeso immediatamente la concessione di ogni nuova licenza di esportazione per materiali di armamento verso Israele» e, il 21 maggio di quest’anno, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ribadito alla Camera che «abbiamo sospeso l’esportazione di armi italiane in Israele. Valutiamo caso per caso l’esportazione di materiali che erano stati già approvati, posto che i singoli materiali non devono comunque essere usati sulla popolazione civile». Ma il punto è proprio questo: le guerre non si combattono più solo con le armi da fuoco. Basta scorrere la lista presente sul sito dell’Aiad: le aziende federate sono 244 e spaziano dalle imprese informatiche a quelle tessili, dagli ex-membri delle forze speciali alle aziende di ingegneri, alla Leonardo e le sue filiazioni. Soprattutto nel campo dell’informatica da qualche anno ormai si è iniziato a parlare di «duplice uso» (dall’inglese dual use), ovvero di software e hardware che possono essere usati sia per scopi civili sia militari (si pensi al caso Paragon).

Convocazione dell’Aiad per la riunione con i rappresentanti israeliani
Convocazione dell’Aiad per la riunione con i rappresentanti israeliani

Per alcuni settori, come quello delle telecomunicazioni, la guerra in Ucraina ha dimostrato che si tratta di asset strategici fondamentali e i vari ministeri della Difesa hanno iniziato ad attrezzarsi di conseguenza. È importante chiarire questo punto perché dichiarare che l’Italia non fornisce armamenti a Israele e poi vendere elettronica usata, ad esempio, per le comunicazioni satellitari o i droni militari, oppure componenti per la guida dei droni, o servizi per la costruzione di droni con stampanti 3d, o persino i tessuti per le uniformi militari smentisce di fatto la premessa.

MENTRE L’ITALIA pubblicamente si unisce al coro di proteste contro gli attacchi indiscriminati delle forze armate israeliane nella Striscia, condanna il bombardamento della chiesa della Sacra famiglia di Zaytun, si preoccupa per i cooperanti italiani presenti a Deir el Balah, e chiede insieme ad altri 24 Paesi la fine della guerra, continua a tenere rapporti commerciali nel campo della Difesa con Israele. La riunione di cui siamo venuti a conoscenza probabilmente non è inedita e lo si può dedurre dal fatto che si richiedono agli interessati «eventuali contributi aggiornati relativi allo stato dei rapporti in essere, pregressi o in divenire con il Paese in oggetto». Sappiamo che è lo Stato maggiore della Difesa (e non il ministero degli Esteri, come al solito) ad aver demandato alla Direzione nazionale degli armamenti la convocazione di questo incontro. E il fatto che agli eventuali interessati sia stato chiesto di compilare una scheda tecnica, in allegato all’email, palesa che stavolta l’Aiad ha contattato le aziende legate alla Difesa per provare a vendere forniture agli israeliani. Nuove licenze di forniture a Israele, in palese contrasto con le dichiarazioni del governo.

LA SCHEDA in questione non ha nulla di straordinario: oltre ai dati dell’azienda si chiede di indicare i rapporti passati con Tel Aviv e le sue aziende, si lascia spazio per i prodotti offerti e gli eventuali concorrenti. La classica «manifestazione di interesse». Con l’unica, enorme, differenza, che si sta compilando un modulo per fornire equipaggiamenti e servizi a un Paese in guerra da quasi due anni, il cui premier, Benjamin Netanyahu, è oggetto di un mandato di arresto internazionale da parte della Corte penale internazionale dell’Aja per «crimini di guerra e crimini contro l’umanità». Le accuse si riferiscono proprio alla guerra spietata che le forze armate israeliane stanno portando avanti nella Striscia dal giorno dopo il 7 ottobre, alle dichiarazioni dei politici israeliani (il primo ministro non è l’unico indagato) e alla pratica dell’esercito di Tel Aviv che compie quotidianamente eccidi e mette in atto sistematicamente strategie per eliminare la popolazione palestinese da Gaza. L’ultima, in ordine temporale, è quella di affamarla fino allo stremo. Dunque nessuno provi a dire che si tratta di un normale accordo commerciale militare: ciò che le nostre aziende daranno a Israele sarà usato anche contro i palestinesi, in un modo o nell’altro.

ISRAELE, pur essendo uno stato ricco, con alcune delle migliori aziende nel settore della Difesa (Elbito, ad esempio), ha un territorio molto limitato, con pochi abitanti e quasi nessuna materia prima a disposizione. Senza gli Stati uniti non potrebbe permettersi un apparato militare come quello che conosciamo e un’industria tecnologica capace di innovare continuamente i sistemi d’arma e d’intelligence. Dal 2023 è impegnato in guerre continue in tutta la regione e c’è crescente richiesta di forniture da altri partner diversi dagli Usa. L’Italia è tra questi e negli ultimi anni l’interesse del nostro Paese per i dispositivi di intelligence prodotti dalle aziende israeliane cresce costantemente, il che ha aumentato gli scambi, come nel caso delle commesse miliardarie per il super-velivolo spia gulfstream che Roma ha acquistato. Ma l’interesse commerciale, persino quello strategico non dovrebbero prescindere dal partner e dal contesto. Commerciare armi e sistemi di difesa con Israele in questo momento storico vuol dire una cosa precisa – ed è inutile girarci intorno: essere complici di ciò che succede a Gaza.

25/07/2025

da Il Manifesto

Sabato Angieri

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