Se avanzo seguitemi Il premier: i capi militari eseguiranno i piani. Nonostante i dubbi: serviranno altri due anni e i riservisti sono già al minimo. Intanto la fame strangola la Striscia: Dal 27 luglio solo 769 camion di aiuti, ne servono 600 al giorno.
Sul tavolo della riunione durata tre ore, del gabinetto di sicurezza ridotto, ieri non c’erano i piani e le strategie su come sconfiggere la fame che soffrono oltre due milioni di civili di Gaza. Da quando Benyamin Netanyahu il 27 luglio è stato costretto, dalle pressioni internazionali, a far entrare più aiuti umanitari, nella Striscia sono giunti 769 autocarri carichi di generi di prima necessità – in media 84 al giorno -, ma molti di essi sono stati saccheggiati da folle di disperati e bande criminali e non sono mai arrivati ai punti di distribuzione. Ne servono almeno 600 al giorno ripetono le Nazioni unite. A ben poco sono peraltro serviti i lanci di cibo con i paracadute da parte di sei paesi. La carestia e la malnutrizione non sono affatto superate, anzi (hanno ucciso almeno 180 persone tra cui oltre 90 bambini). Eppure, al centro dei colloqui che il premier israeliano ha avuto ieri con il Capo di stato maggiore Eyal Zamir, il ministro della Difesa Israel Katz e quello degli Affari strategici Ron Dermer e il capo della Direzione delle operazioni dell’esercito Itzik Cohen, c’erano le mappe e i piani dettagliati elaborati dai comandi dell’esercito per una nuova catastrofica offensiva militare e l’occupazione totale di Gaza.
Netanyahu ha vinto, la sua offensiva «finale» si farà riferivano ieri i media locali, nonostante la contrarietà di Zamir all’occupazione della Striscia – dettata in verità solo da considerazioni di carattere militare -, il primo ministro è ora sicuro di avere l’approvazione nei prossimi giorni dell’interno gabinetto di sicurezza. Ieri pomeriggio l’ufficio di Netanyahu ha diffuso un comunicato: «l’esercito è pronto a portare avanti qualsiasi decisione del gabinetto di sicurezza». Due giorni fa il premier aveva avvertito: «Se il Capo di stato maggiore non è d’accordo, può dimettersi», innescando un’ondata di reazioni all’interno dell’establishment israeliano. In ogni caso il Comandante militare ha ceduto e non si dimetterà.
Visitando il Comando meridionale, comunque Zamir ha ribadito la sua linea: l’esercito non «governerà» milioni di civili palestinesi. Piuttosto dovrà lanciare azioni mirate, accompagnate da un’ulteriore segmentazione della Striscia per isolare Hamas e altri gruppi della resistenza palestinese – che nel frattempo continuano a infliggere perdite agli israeliani – e contenere i rischi per i soldati e gli ostaggi. Secondo il piano messo a punto dal comandante della Divisione Operazioni, Itzik Cohen, e dal capo del Comando meridionale, Yaniv Asor, l’esercito vorrebbe concentrare i presunti «attacchi mirati» nel centro della Striscia, a Gaza City e nei campi profughi circostanti. A guidare i raid terrestri sarà la Divisione 99, già schierata nella zona, mentre gran parte della nuova offensiva, come sempre, sarà affidata all’aviazione che ha già raso al suolo Gaza: ieri bombe e cannonate hanno ucciso almeno 74 persone, tra cui 51 richiedenti aiuti. I filmati realizzati a bordo degli aerei che hanno lanciato aiuti alla popolazione, mostrano Gaza come Hiroshima polverizzata 80 anni fa dal lancio della bomba atomica americana.
I media riferiscono che la valutazione dello Stato maggiore è chiara: Israele già controlla il 75% di Gaza ma un’invasione totale vedrebbe mesi di attacchi e almeno altri due anni per neutralizzare l’infinita rete di tunnel sotterranei di Hamas. Invece Netanyahu, forte dell’appoggio di Donald Trump, vuole «vincere», anche a costo di mettere a serio rischio la vita degli ostaggi, come temono le loro famiglie. La vita dei civili palestinesi ha già dimostrato ampiamente di non tenere in alcun conto. Secondo le indiscrezioni raccolte dal giornale Yedioth Ahronoth, il premier vuole da Zamir una strategia per il controllo permanente dell’intera Striscia nella prospettiva di un’amministrazione diretta post-Hamas. Il ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha perciò invocato un atto di obbedienza totale da parte di Zamir: «Deve chiarire che eseguirà ogni istruzione dell’esecutivo politico». Invece il suo collega alla Difesa, Israel Katz, pur essendo un fedelissimo di Netanyahu non può non tenere conto dei dubbi dell’esercito. Visitando ieri il centro della Striscia ha parlato soltanto di «creazione delle condizioni necessarie per sconfiggere Hamas e riportare a casa gli ostaggi».
Dietro le quinte sta emergendo un’altra ipotesi: la costruzione di una «cintura di sicurezza» in alcune aree strategiche, definite da Israele «Alture 70», che vedrebbero un «presidio militare permanente» a presunta «protezione» delle comunità israeliane del sud. È una versione del piano di conquista totale più presentabile agli alleati occidentali di Israele. Il fronte interno intanto ribolle. Oltre alle famiglie degli ostaggi (o a una parte di esse), anche il movimento sionista Fratelli d’Armi, composto da ex soldati ed ex ufficiali, ha denunciato l’inutilità strategica dell’attuale offensiva e l’incapacità di ottenere risultati concreti sul fronte degli ostaggi. «Le promesse sono tutte menzogne», ha dichiarato uno dei suoi fondatori, Eyal Naveh, ricordando l’enorme costo della guerra, l’isolamento diplomatico di Israele e la crisi di fiducia tra i cittadini. Critiche condivise da alcuni ex alti ufficiali, come Nimrod Sheffer, che ha definito «catastrofica» la decisione di Netanyahu. Malgrado i «successi» annunciati dai comandi militari dopo la distruzione di tunnel sotterranei a Khan Yunis. Rafah, Beit Hanoun e Jabaliya, l’esercito, sottolineano diverse fonti, è al limite delle forze. Attualmente sono presenti solo quattro comandi divisionali a Gaza – contro i cinque previsti – e le unità di riserva stanno esaurendo energie e motivazioni. Ma Netanyahu, sorretto da Trump, ha un solo obiettivo: annientare Gaza e aprire le sue porte alla «emigrazione volontaria» (la pulizia etnica) dei suoi abitanti.
06/08/2025
da Il Manifesto