«Non solo siamo solidali con le preoccupazioni e le proteste da parte delle redazioni di Repubblica e La Stampa, ma sarà il caso di sollecitare altri, a partire dalle autorità di garanzia delle comunicazioni e della autorità anti trust, affinché accendano i riflettori sulle trattative in atto». Giuseppe Giulietti su ‘Articolo 21’

Dopo, sarà inutile fingere di protestare
«Non occorre essere dei simpatizzanti dei due quotidiani per comprendere che non si tratta solo di affari privati, dettati dai mercati, ma di una vicenda destinata a stravolgere quello che resta del mercato editoriale e del pluralismo dell’informazione. Chiunque dovesse acquistare sposterà ulteriormente l’asse dei giornali che hanno comunque rappresentato un presidio nella difesa della Costituzione, il tutto alla vigilia dei referendum e del più insidioso tentativo di stravolgere la Costituzione antifascista. Non a caso in queste ore, i silenzi sono più rumorosi delle dichiarazioni pubbliche».
Media Freedom Act
«Sarà appena il caso di ricordare che, persino nel Media Freedom Act, si parla di misure immediate a sostegno del pluralismo della editoria e della tutela della autonomia delle redazioni giornalistiche. In Italia invece, tra l’indifferenza generalizzata, si marcia nella direzione opposta. Per questo è necessario sostenere le iniziative di lotta delle redazioni, chiedere a tutti collaboratori di alzare la voce, tirare per la giacca le istituzioni, segnalare alle autorità europee, promuovere iniziative in sede locale e nazionale. Chi oggi finge di non vedere, di non sapere, anzi se la ride, sperando di conquistare una copia in più, presto scoprirà che il degrado non avrà fine e che, sotto le macerie non finiranno solo i giornalisti di stampa e repubblica, ma la Costituzione medesima».
Gedi, ora il terremoto
«A Gedi lo sciame sismico si avvertiva da tempo, adesso è arrivato il terremoto vero e proprio», il grido di Giuliano Santoro sul manifesto. «Dal gruppo legato a John Elkann, che edita Repubblica e Stampa e che possiede Radio DeeJay e Capital e che fa capo alla holding Exor, si è appreso nei giorni scorsi dell’esistenza di una «trattativa in esclusiva» con i greci di Antenna. Dall’azienda parlano di un pre-accordo che definisce il grosso della cessione. Elkann, facendo trapelare la cosa, pare sbarrare la strada all’interessamento di Lmdvc di Leonardo Maria Del Vecchio». L’assemblea dei giornalisti, «prende atto con profondo sconcerto dell’annuncio della proprietà della svendita di quel che resta del nostro gruppo editoriale, che in questi anni è stato smantellato pezzo dopo pezzo dall’attuale editore, John Elkann».
Elkan, dopo la Fiat anche La Stampa
Cosa chiedono i lavoratori. Certo la tutela dei livelli occupazionali, ciò che Elkann ha affermato di non poter garantire con la cessione ai greci, e «la salvaguardia dell’identità politico-culturale di un giornale che costituisce dalla sua fondazione, cinquant’anni fa, un pezzo della storia e della politica nazionale». La Stampa ieri non è uscita e il sito web è rimasto fermo, nonostante fosse in programma una visita di Sergio Mattarella. Anche in questo caso lavoratori e lavoratrici chiedono garanzie sia sul lavoro che sulla linea politico-culturale dello storico giornale torinese. Al quale gli acquirenti greci non sarebbero interessati: si rischia dunque la svendita a un soggetto terzo che al momento non sarebbe stato individuato.
La vicenda è un caso politico
- Stiamo parlando di uno dei gruppi centrali dell’informazione del paese I gruppi parlamentari di Avs, del Pd e del M5S reclamano il governo. Alcuni retroscena raccontano che Giorgia Meloni vede di buon occhio la transizione ellenica. Il senatore della Lega e sottosegretario alla presidenza del consiglio Alessandro Morelli saluta «il nuovo assetto proprietario, capace di introdurre energie fresche e visioni meno condizionate da storiche impostazioni di parte». Sul cattolico Avvenire: «La vendita del Gruppo Gedi, ramo d’azienda della Exor (finanziaria della famiglia Agnelli) rappresenta chiaramente la politica industriale che gli Elkann stanno attuando da tempo: abbandonare Torino e il Piemonte».

