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Onu: Israele minaccia l’esistenza dei palestinesi

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Striscia continua. L’accusa dell’Alto commissariato per i diritti umani. Croce rossa e Msf denunciano: Gaza muore lentamente di fame e di sete. Cnn: brusca frenata nel dialogo, gli uomini di Netanyahu non vogliono negoziare

A Gaza dal 18 marzo al 9 aprile Israele ha attaccato 224 volte edifici residenziali e tende per sfollati. Almeno 36 bombardamenti hanno ucciso solo donne e bambini. Nell’ultima strage familiare, avvenuta all’alba di ieri a Khan Younis, su dieci vittime sette erano minori. Nello stesso lasso di tempo Tel Aviv ha emesso 21 ordini di evacuazione, spesso verso zone descritte come «sicure» ma che lo stesso esercito ha più volte attaccato.

L’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani ha dichiarato che l’effetto combinato di tutte le azioni israeliane nella Striscia di Gaza minaccia l’esistenza dei palestinesi «in quanto gruppo». È uno degli atti di genocidio stabiliti dalla convenzione del 1948 e a ciò si aggiunge l’accusa di dirigere intenzionalmente attacchi contro civili che, dichiara la portavoce Ravina Shamdasani, «costituisce un crimine di guerra».

DA QUANDO Tel Aviv ha ricominciato i bombardamenti, per 23 volte ha colpito la cosiddetta «zona umanitaria» di Al-Mawasi, dove ha ordinato alla popolazione sfollata di dirigersi. Gli ordini di spostamento forzato hanno riguardato 400mila persone (dati Unrwa) in un periodo di sole tre settimane. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato un nuovo allarme sulla scarsità delle scorte medicinali, che sono giunte a un livello critico tale da rendere difficile mantenere gli ospedali anche solo parzialmente operativi.

Il blocco di aiuti umanitari è il più lungo dall’inizio della guerra e il taglio dell’energia elettrica sta causando carenza idrica in più parti della Striscia. Ieri il comune di Gaza City ha parlato di una «crisi di sete» che porterà a condizioni disperate nei prossimi giorni.

Anche ad Al-Mawasi l’impianto di desalinizzazione è completamente fuori uso e Medici senza Frontiere ha denunciato che la mancanza di acqua e igiene sta causando focolai di poliomielite e scabbia. La ong ha dichiarato di assistere a una «morte lenta»: la fame provoca perdita di peso e problemi medici che la sanità annientata non è in grado di gestire. Anche la Croce rossa ha fatto sapere che il suo ospedale da campo esaurirà le forniture entro due settimane, descrivendo la situazione nella Striscia come «l’inferno in terra».

L’ESERCITO ISRAELIANO, ignorando denunce, appelli, disposizioni, continua a comunicare i suoi «risultati operativi». Quaranta «obiettivi» colpiti solo tra giovedì e venerdì e quasi sempre specifica addirittura con fierezza di aver preso precauzioni per proteggere la popolazione civile, seppur abbia ucciso almeno 26 persone, tra cui bambini.

Ma le finalità della guerra, gli scopi ultimi, hanno contorni indefiniti. La volontà di occupazione permanente e la mancanza di una prospettiva negoziale riportano dubbi sulla reale volontà del governo di provare a recuperare gli ostaggi ancora presenti a Gaza. Da più parti cresce anzi la sensazione che Netanyahu e i suoi abbiano rinunciato all’idea. Dopo la lettera con cui giovedì mille riservisti dell’aeronautica israeliana hanno criticato l’attacco alla Striscia perché utile a Netanyahu e mortale per gli ostaggi, ieri 250 membri dell’unità di intelligence d’élite 8200 hanno mosso profonde critiche all’operazione militare.

L’esercito, su spinta del governo, ha licenziato i soldati dell’aeronautica ancora attivi che hanno sottoscritto l’appello. Nonostante ciò, poche ore dopo, i riservisti dell’unità di intelligence hanno dichiarato che «in questo momento, la guerra serve principalmente interessi politici e personali piuttosto che interessi di sicurezza» e che le operazioni porteranno alla morte degli ostaggi. Netanyahu ha risposto che le petizioni sarebbero «guidate da organizzazioni finanziate dall’estero» con l’obiettivo di rovesciare il governo di destra.

PER LA SECONDA volta nel giro di pochi giorni ha paragonato queste critiche alle manifestazioni di piazza del 2023 contro il tentativo di riforma giudiziaria che, a suo dire, avrebbero indebolito Israele, aprendo la strada all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Anche 150 ex ufficiali della Marina e decine di medici riservisti hanno chiesto la fine immediata della guerra per negoziare la liberazione degli ostaggi. Tutti si sono detti preoccupati anche per lo stato mentale dei soldati sul campo.

Intanto, Israele sta scambiando bozze di proposte per il cessate il fuoco con i negoziatori egiziani. Il programma presentato dal Cairo dovrebbe prevedere il rilascio di otto prigionieri vivi e otto corpi, in cambio di una tregua tra i 40 e i 70 giorni e la liberazione di prigionieri palestinesi.

Tuttavia, un rapporto pubblicato ieri dalla Cnn, che cita fonti negoziali, riporta di una brusca frenata nei colloqui. La nomina di un confidente del premier Netanyahu, il ministro per gli affari strategici Ron Dermer, a capo della squadra negoziale, ha portato a un cambio di priorità. «I negoziatori sembrano essere politicizzati», ha spiegato la fonte. E un funzionario statunitense che sostiene i parenti degli ostaggi ha confermato la sensazione: «Le famiglie [degli ostaggi, nda] capiscono che Dermer rappresenta un grosso ostacolo al ritorno dei loro cari».

12/04/2025

da Il Manifesto

Eliana Riva

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