05/11/2025
da Il manifesto
Giovanna Branca, Marina Catucci
“In un momento di oscurità politica, New York sarà la luce”. Zohran Mamdani, appena eletto sindaco della Grande mela, rivolge al pubblico del Paramount Theater di New York le parole che gli elettori democratici aspettavano di sentire dall’elezione di Donald Trump: parole di riscatto, combattive, di rivalsa, speranza e resistenza nella notte che segna il primo scarto rispetto alla disfatta dello scorso novembre. Ha vinto Mamdani, ha vinto la democratica Mikie Sherrill come governatrice del New Jersey, ha vinto Abigail Spanberger come governatrice (la prima donna) della Virgina. Ha vinto la proposition 50 in California, che dà mandato al parlamento statale per il ridisegno delle mappe elettorali per far fronte al gerrymandering dei repubblicani.
They not like us, loro non sono come noi: è la canzone che suona quando viene annunciata la vittoria di Zohran Mamdani al Paramount Theater di Brooklyn. Loro e noi – la comunità di cui si sente di far parte il pubblico presente a quello che per una notte è il quartier generale di Zohran Mamdani. Del nuovo sindaco di New York. “Stanotte ci siamo espressi con una voce chiara: la speranza è viva”, dice Mamdani quando esce sul palco a incontrare il pubblico composto principalmente dai suoi sostenitori. “La speranza sulla tirannia, la speranza sul grande capitale e le piccole idee, la speranza sulla disperazione”. Il ringraziamento va a loro – “le mani” alzate delle decine di migliaia di volontari che hanno contribuito alla sua vittoria, a cui ha sempre fatto appello in questi giorni. Oggi sono qui a festeggiare con lui, a sgolarsi quando dal palco annuncia che “da stanotte New York sarà guidata da un immigrato”. Quando ripete i punti della sua campagna elettorale: asili gratis, autobus gratis, affitti bloccati, migliaia di insegnanti in più. Quando dichiara che New York si batterà “contro la piaga dell’antisemitismo”, “e che non accetterà più che si possa speculare sull’islamofobia”. “Sono un musulmano, sono un socialista democratico, e rifiuto di scusarmi per questo”, aggiunge ribaltando su se stesse tutte le menzogne, le accuse, le insinuazioni, l’odio razzista scaricato su di lui in questi mesi. La città si batterà “per coloro che ama”: “Che siano immigrati, persone transessuali, una delle donne nere che Trump sta licenziando dal governo federale”. Un messaggio chiaro al presidente degli Stati uniti: “Per colpire uno di noi dovrai passare su tutti noi”. “Donald Trump – dato che so che stai guardando: alza il volume”.
Ma loro sono anche Andrew Cuomo, il rivale che ha accettato l’endorsement di Donald Trump, e quella parte di establishment democratico che rifiuta di vedere l’ascesa, e ora la vittoria di Mamdani come una possibile strada per andare avanti nel partito e nell’opposizione alla svolta autoritaria.
Il discorso di Cuomo non si è discostato troppo dallo stile con cui ha condotto tutta la campagna elettorale, ed è stato un discorso di concessione abbastanza atipico, poiché ha dedicato una parte significativa a criticare le posizioni del suo avversario, prima di congratularsi con Mamdani, ricevendo in risposta i fischi dei suoi sostenitori. A quel punto ha tentato di mettere a tacere i fischi, dicendo: “No, no, no, non è giusto. Non siamo così, siamo migliori di così”. Ed ha cambiato registro affermando la sua intenzione di rimanere a New York, di continuare a lottare per ciò che ritiene giusto, e di voler aiutare la nuova amministrazione a fare il bene dei newyorchesi. In base ai dati del voto, però, Cuomo ha vinto proprio nelle aree di New York che Donald Trump – di cui non ha rifiutato l’endorsement consegnando il suo ultimo appello ai repubblicani – ha conquistato nelle scorse elezioni presidenziali. In base ai dati definitivi, Zohran Mamdani ha vinto con il 50.4% dei voti. Di oltre due milioni di voti: l’elezione più partecipata – come sottolinea Bloomberg – dagli 1969. A Cuomo il 41.6% e a Curtis Sliwa un misero 7.1%
Intanto Mamdani dal suo palco di accomiatava dai suoi sostenitori, salutandoli senza più al suo fianco Bernie Sanders ed Alexandria Ocasio-Cortez, la cui presenza lo ha inizialmente legittimato e poi accompagnato nell’ultima fase della campagna. Al suo fianco ci sono sua moglie e i suoi genitori, il nuovo corso del DSA, democratici socialista of America, ora è lui.

