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Migranti, gli sbarchi tornano a salire: la propaganda delle destre affonda in Albania

Migranti, gli sbarchi tornano a salire: la propaganda delle destre affonda in Albania

Gli sbarchi aumentano, i centri restano vuoti, e il governo brucia milioni: il protocollo Albania è un fallimento annunciato

Giorgia Meloni lo aveva promesso con l’enfasi dei grandi annunci: il protocollo con l’Albania avrebbe fermato le partenze. Sarebbe stato un esempio per l’Europa, un “modello inedito” per dissuadere i migranti, un “deterrente potente”. Oggi, però, bastano i numeri ufficiali per smontare la narrazione: al 23 maggio 2025 sono già arrivati via mare 21.920 migranti, più dei 19.356 dello stesso periodo del 2024, e l’effetto deterrente sbandierato dal governo è evaporato prima ancora di toccare terra.

Numeri alla mano: la realtà smentisce la propaganda

La verità è che la diminuzione del 2024, usata propagandisticamente come prova dell’efficacia del piano, non era in alcun modo imputabile al protocollo. I centri in Albania non erano nemmeno operativi, e i primi tentativi – fallimentari – di trasferimento sono arrivati solo a ottobre. Inoltre, come documentato dall’Ispi e da fonti giornalistiche, il calo degli sbarchi era già cominciato a settembre 2023, ben prima della firma dell’accordo. Le condizioni meteo, gli equilibri nei Paesi di transito, l’accordo tra Ue e Tunisia: questi i fattori veri. L’Albania non c’entra. I dati del 2025 lo confermano.

A gennaio, gli arrivi erano già più che raddoppiati rispetto all’anno precedente: +136%. A maggio, sono tornati ai livelli del 2023. Altro che deterrente. Nel silenzio del governo, si è verificata una crescita lineare e costante, che smentisce in radice l’intero impianto su cui si fondava il piano albanese. L’idea che la remota possibilità di essere tra i 3.000 trasferiti nei centri di Gjader o Shengjin possa condizionare la scelta di partire, è tecnicamente insostenibile. Ma è stata politicamente utile.

La giustizia blocca, il governo rilancia. E fallisce ancora

La propaganda si regge su una finzione. La realtà, invece, racconta un crollo. I primi trasferimenti – 16 persone a ottobre 2024 – sono finiti con quattro rientri immediati (due minori e due vulnerabili) e con il Tribunale di Roma che ha negato la legittimità del trattenimento degli altri 12, smontando la presunta “sicurezza” dei Paesi di provenienza. A novembre, un altro blocco. A gennaio 2025, 49 nuovi trasferiti: cinque rientri immediati, e per gli altri 43 la Corte d’Appello ha disposto il ritorno. Nessuna convalida. Nessuna deterrenza.

I centri, costati milioni, sono rimasti vuoti. E allora il governo ha deciso di cambiare gioco: con un decreto d’urgenza ha stabilito che anche i migranti già detenuti nei Cpr italiani potessero essere deportati in Albania. Così, l’11 aprile, 41 persone sono state caricate su un volo e portate a Gjader, tra proteste e autolesionismi. Ma nemmeno questa manovra ha retto: il 19 aprile, la Corte d’Appello ha stabilito che chi presenta richiesta d’asilo non può essere trattenuto. Risultato: nuovi rientri, nuovo imbarazzo.

Soldi buttati, migranti in arrivo, credibilità in fuga

Nel frattempo, si bruciano soldi. Il costo complessivo del protocollo è stimato in almeno 653 milioni di euro in cinque anni. Di questi: 252 milioni per il personale (trasferte, alloggi, indennità), 95 milioni per il noleggio navi, 48 milioni per le infrastrutture, 47 milioni per l’assistenza legale. A oggi, i trasferimenti effettivi validati dalla giustizia si contano su una sola mano. E ogni migrante rimandato indietro è costato migliaia di euro. Un modello inefficiente, sproporzionato, economicamente insensato.

Il fallimento del deterrente è ormai acclarato. E non perché lo dicano gli oppositori, ma perché lo dice l’andamento stesso dei flussi migratori. Chi parte, lo fa spinto da fattori strutturali: guerre, crisi economiche, violenze. Il rischio – pur remoto – di finire in Albania per qualche settimana, in un centro dove la giustizia italiana ti rimanda subito indietro, non rappresenta né una minaccia credibile né un disincentivo reale.

La narrazione governativa ha costruito un castello mediatico sul nulla. L’accordo con l’Albania è diventato una scenografia vuota: inutile come politica migratoria, dispendiosa come operazione logistica, pericolosa come modello giuridico. Eppure il governo insiste, in un’ostinazione cieca e costosa. Intanto, i migranti continuano ad arrivare. E a Roma si continua a raccontare che “la soluzione è già in atto”. Ma l’unico effetto visibile, per ora, è la disillusione. E i conti da pagare.

24/06/2025

da La Notizia

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