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L’Occidente si sveglia? Lettera di fuoco a Israele

L’Occidente si sveglia? Lettera di fuoco a Israele

Una lettera ‘di fuoco, quella che 25 Paesi occidentali si sono decisi a sottoscrivere contro la sanguinaria gestione israeliana della Striscia di Gaza. Ed un tentativo di rimediare alla vergogna del Consiglio d’Europa quando ha scelto di non denunciare il Trattato di associazione con Israele. La credibilità di Bruxelles in tema di ‘doppi standard’ sui diritti umani

Diritti umani ’doppio standard’?

Le regole sul rispetto dei diritti umani. Che per gli ‘amici’ valgono fino a svenarsi e a rischiare la Terza guerra mondiale (l’Ucraina), e per gli altri si ‘interpretano’, a seconda delle convenienze (la Palestina). Evidentemente, Netanyahu deve aver superato tutte le linee rosse della tolleranza, anche rispetto a quelle nazioni che per opportunismo o, peggio ancora, per viltà, finora avevano taciuto, girandosi dall’altro lato. A far scattare la (tardiva) reazione, dopo i quasi centomila morti palestinesi complessivi (compresi quelli ‘indotti’ da stenti e malattie), è stato il quotidiano massacro di sventurati, in fila per accaparrarsi un tozzo di pane o una bottiglia d’acqua. Sparare su questa gente inerme e disperata, cioè su una misera massa tumultuante composta per la maggior parte da donne e bambini, ha fatto rivoltare le coscienze dei politici occidentali. Anche di quelli notoriamente più duri, i quali si sono aggregati in 25 dietro al Regno Unito di Keir Starmer, che ha preso l’iniziativa.

Dopo troppo silenzio

«La sofferenza dei civili a Gaza ha raggiunto livelli mai visti: 25 nazioni chiedono la fine immediata della guerra nella Striscia», titola in modo significativo la BBC, spiegando che la lettera è stata diffusa dal Foreign Offiice e controfirmata da 25 altri Paesi. La dichiarazione completa comincia con un appello: «Noi, i firmatari elencati di seguito, ci uniamo con un messaggio semplice e urgente, chiedendo che la guerra a Gaza finisca ora. La sofferenza dei civili ha raggiunto livelli mai visti prima». Il documento, entra poi nel cuore del problema. «Il modello di distribuzione degli aiuti del governo israeliano è pericoloso, alimenta l’instabilità e priva la popolazione di Gaza della dignità umana. Condanniamo l’erogazione a goccia degli aiuti e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, che cercano di soddisfare i loro bisogni più elementari, come acqua e cibo. È orribile che oltre 800 palestinesi siano stati uccisi mentre cercavano aiuto». La denuncia parte dai fatti, cioè dai morti ‘contabilizzati’ sul campo, uccisi non durante azioni di guerra, ma per non meglio precisate «ragioni di ordine pubblico legate a questioni di sicurezza». Il che vuol dire tutto e niente. E, infatti, la critica, su questo punto, è misurata nella forma, ma feroce nella sostanza, con un appello rivolto anche per la sorte degli ostaggi prigionieri di Hamas: «Il rifiuto del governo israeliano di fornire assistenza umanitaria essenziale alla popolazione civile – sentenzia la lettera – è inaccettabile. Israele deve rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario. Gli ostaggi, crudelmente tenuti prigionieri da Hamas dal 7 ottobre 2023, continuano a soffrire terribilmente. Condanniamo la loro continua detenzione e chiediamo il loro rilascio immediato e incondizionato. Un cessate il fuoco negoziato offre la migliore speranza di riportarli a casa e porre fine all’agonia delle loro famiglie».

Riflessione critica a tutto campo

Dunque, una riflessione critica, che con un preambolo equilibrato, fa intravedere ai contendenti il vantaggio di chiudere prima possibile le ostilità, lasciando spazio alle trattative. Da qui, un’esortazione fatta a Netanyahu a riaffidarsi ai canali della diplomazia. «Invitiamo il governo israeliano a revocare immediatamente le restrizioni al flusso di aiuti e a consentire urgentemente alle Nazioni Unite e alle ONG umanitarie [organizzazioni non governative] di svolgere il loro lavoro salvavita, in modo sicuro ed efficace. Invitiamo tutte le parti a proteggere i civili e a rispettare gli obblighi del diritto internazionale umanitario». Naturalmente, tutte le Cancellerie sono a conoscenza dei presunti piani di ‘spostamento’ di intere masse di popolazione palestinesi, costrette a essere sradicate dalle loro origini gazawe. «Le proposte di trasferire la popolazione palestinese in una ‘città umanitaria’ – dice ancora il documento – sono totalmente inaccettabili. Lo sfollamento forzato permanente è una violazione del diritto internazionale umanitario. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi iniziativa volta a modificare il territorio o la demografia nei territori palestinesi occupati». E questo è un altro punto fermo, che pur non utilizzando il termine crudo di pulizia etnica, in sostanza la ricorda molto da vicino, e la proibisce in modo categorico.

  • A questo proposito, con un riferimento più specifico, si parla dell’insediamento ‘E1’, annunciato dall’amministrazione civile israeliana, che dividerebbe in due lo Stato palestinese, «rappresentando una flagrante violazione del diritto internazionale e compromettendo gravemente la soluzione dei due Stati».

Cisgiordania e coloni predatori

Ma l’attenzione dei governi occidentali non è soltanto attirata e inorridita dalle carneficine di Gaza, viene anche sollecitata dalla tremenda escalation di violenze scatenate dai coloni israeliani nei Territori occupati. «Nel frattempo, la costruzione di insediamenti in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, ha accelerato – accusa la lettera – mentre la violenza dei coloni contro i palestinesi è aumentata vertiginosamente. Questo deve cessare. Esortiamo le parti e la comunità internazionale a unirsi in uno sforzo comune per porre fine a questo terribile conflitto, attraverso un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente». Un colpo al cerchio e uno alla botte, i ministri degli Esteri occidentali, però, sanno benissimo che attualmente le chiavi della diplomazia internazionale sono custodite nei cassetti della Casa Bianca. E, quindi, in ogni caso, per dare forza al loro messaggio devono sempre e comunque cercare la sponda di Donald Trump. «Ulteriori spargimenti di sangue – conclude il documento patrocinato dal Foreign Office – non servono a nulla. Riaffermiamo il nostro pieno sostegno agli sforzi di Stati Uniti, Qatar ed Egitto per raggiungere questo obiettivo. Siamo pronti a intraprendere ulteriori azioni per sostenere un cessate il fuoco immediato e un percorso politico verso la sicurezza e la pace per israeliani, palestinesi e l’intera regione».

I firmatari e gli assenti

Questa dichiarazione è stata firmata dai Ministri degli Esteri di Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Islanda , Irlanda , Italia , Giappone, Lettonia, Lituania, Lussemburgo , Paesi Bassi , Nuova Zelanda , Norvegia , Polonia , Portogallo , Slovenia ,Spagn, Svezia , Svizzera e Regno Unito. Oltre al commissario europeo per l’Uguaglianza, la preparazione e la gestione delle crisi (UE). Mancano, ma questo era scontato, gli Stati Uniti. E il fatto che non ci sia Trump è una sorta di medaglia al valore per l’iniziativa. Non ci sono, però nemmeno grossi calibri (è il caso di dirlo), come la Germania e l’Ucraina. Zelensky, che dice di far parte dell’Europa, ha costruito sulla battaglia per i diritti umani e sul rispetto del diritto internionale i capisaldi della sua strategia di immagine in Occidente. In questo caso, però, è chiaro a tutti che si tratta di ‘realpolitik’ e dei suoi rapporti con Israele. Forse per quanto riguarda possibili forniture belliche.

  • Sul Cancelliere Merz, invece ribadiamo ciò che abbiamo sempre detto: è assolutamente inadeguato al ruolo ricoperto. Lui è un grigio burocrate, che una sfortunata congiunzione astrale (per la Germania) ha fatto sedere sulla poltrona che fu di Kohl, Schmidt e Merkel. Altri stili, altre visioni del mondo e altre teste. Nelle mani di un tipo del genere, una Germania che si riarma fino ai denti, comincia a non piacerci proprio. Merz ci ricorda Franz Von Papen. Historia magistra vitae.

22/07/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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