Odio l'estate. L’irregolarità abbonda soprattutto nelle realtà di piccole dimensioni: lavoro grigio o nero, parziale applicazione del CCNL e scarsa attenzione a salute e sicurezza
Fabrizio Russo, segretario generale Filcams-Cgil, in estate fioccano i casi di sfruttamento dei lavoratori nel turismo, nella ristorazione e nel commercio.
Quali sono le principali criticità?
Da una parte il ruolo dominante di poche grandi aziende, all’avanguardia dal punto di vista tecnologico e dotate di strumenti e potere per concentrare e orientare la domanda. Dall’altra la presenza numericamente prevalente di un sistema di piccole imprese caratterizzate da una cronica fragilità finanziaria e soggette a continui processi di esternalizzazione. In questo scenario già critico, le difficoltà maggiori sono legate a modelli culturali ed economici arretrati, che sviliscono l’importanza delle figure professionali. Da qui il ricorso diffuso al part time involontario, l’inquadramento ai livelli più bassi del personale, l’utilizzo esteso del contratto a tempo determinato e del lavoro precario. Sebbene le attività terziarie siano ormai la spina dorsale dell’economia italiana, in cui diverse aziende registrano fatturati da record, i dipendenti continuano a essere oppressi da lavoro povero, condizioni disumane, abuso sistematico della flessibilità. Spesso con l’aggravio del lavoro irregolare. L’Ispettorato del lavoro segnala ogni anno irregolarità superiori al 70% tra gli stagionali.
I lavoratori stagionali sono tra i più fragili, perché più precari. A volte hanno un contratto a tempo determinato, spesso lavorano a chiamata. L’irregolarità abbonda soprattutto nelle realtà di piccole dimensioni: lavoro grigio o nero, parziale applicazione del contratto nazionale, scarsa attenzione al rispetto delle norme su salute e sicurezza. Le nostre strutture territoriali supportano gli stagionali nelle vertenze e ogni estate si recano nelle località turistiche per incontrarli, informarli sui loro diritti e offrire supporto, denunciando le irregolarità.
Negli ultimi mesi sono stati rinnovati molti contratti nazionali nel terziario.
Da maggio 2023 a giugno 2025 sono stati rinnovati 16 contratti nazionali. Questo ha migliorato le condizioni di oltre 6 milioni di impiegati tra turismo, ristorazione, cultura, vigilanza privata, studi professionali, distribuzione organizzata, agenzie immobiliari, acconciatura ed estetica, pulizie e multiservizi. Tutti contratti scaduti che non si riusciva a rinnovare anche da 8 anni. I nuovi contratti hanno portato salari più dignitosi e migliorato le condizioni di lavoro. Per esempio, il nuovo contratto pulizie/multiservizi incrementa le ore di lavoro dei part time involontari. Abbiamo poi cercato di estendere il perimetro dei diritti individuali, che sono anche sociali e civili: pari opportunità, contrasto alle molestie sui luoghi di lavoro, supporto alle vittime di violenza di genere, genitorialità. Credo sia stato un primo passo importante per avvicinare i contratti nazionali al concetto, a noi molto caro, di umanità del lavoro.
Come è andato il rapporto con le parti datoriali?
Il loro atteggiamento ha determinato in diversi casi un notevole ritardo nel rinnovo dei contratti, che ci ha costretto a forti mobilitazioni: i diversi scioperi della vigilanza privata, lo sciopero generale del terziario nel dicembre 2023, quelli del commercio a marzo 2024 e dell’industria turistica tra agosto e settembre 2024.
È vero che nel terziario c’è meno sindacalizzazione?
La forza rappresentativa della Filcams è in costante crescita: siamo in 614.087. Il numero di iscritti under 35 e migranti sta aumentando, e con esso l’incisività delle azioni, ma è vero che esiste il problema di tanti lavoratori che non ricorrono al sindacato, spesso per timore di ritorsioni, a cominciare dal mancato rinnovo del contratto a tempo determinato. La precarietà allontana dal sindacato e fa male alle stesse aziende: non è un caso se nel turismo si fatica a trovare nuovo personale. Inoltre veniamo da anni di una forte deriva individualistica sul piano culturale.
Un giudizio sulle politiche del governo Meloni in materia di lavoro?
Le misure adottate o annunciate fino a oggi non guardano alle reali esigenze dei lavoratori. Non rispondono ai loro bisogni non solo retributivi, ma anche in termini di qualità dell’occupazione. Lo sviluppo non passa per i contributi o gli sgravi riconosciuti ai datori, ma chiede di valorizzare i lavoratori che mandano avanti le aziende, garantiscono produzione e fatturati, e però rimangono i grandi esclusi dalla redistribuzione della ricchezza che generano. Infine, e questo vale per il governo come per molti datori di lavoro, è inutile e poco serio stracciarsi le vesti per le difficoltà della nostra economia – penso agli allarmi di questi giorni per la crisi del turismo balneare – se non si fa nulla per affrontare o, peggio, si alimenta la causa principale di questo disagio, che è nei bassi salari e nella scarsa umanità riconosciuti al lavoro.
10/08/2025
da Il Manifesto
Giornalista specializzato in temi ambientali, economici e normativi legati alle coste, al mare e al turismo. Ha pubblicato “La linea fragile” e “Turismo insostenibile”