L’affondo di Mattarella: «In Italia salari troppo bassi». Il Capo dello Stato in visita a un’azienda: «Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita. Intollerabile l’indifferenza per le morti sul lavoro». Le opposizioni: «Parole fondamentali, ora la maggioranza accetti il salario minimo». Fiction governativa sul lavoro alla terza stagione
La festa del lavoro, ma quale lavoro e quanto retribuito?
Si fa presto a dire Festa del Lavoro, ma se si osservano condizioni lavorative (incidenti) e la situazione retributiva (salari), in molti Paesi dell’Unione Europea non resta molto da festeggiare. L’occupazione è il fattore macro-economico centrale alle politiche degli Stati, ma è sulla qualità di quei posti di lavoro che si gioca il futuro di una società civile.
La Disunione europeo del lavoro
Se osserviamo la situazione dell’Unione Europea sul fronte delle retribuzioni, il costo orario del lavoro varia significativamente tra i 27, riflettendo differenze economiche, produttive e sociali. Secondo i dati Eurostat del 2024, il Lussemburgo registra il costo orario del lavoro più elevato con 55,20 euro/ora, mentre la Bulgaria presenta il valore più basso con 10,60 euro/ora. il costo orario medio del lavoro nell’UE è stato stimato a 33,5 euro, in aumento rispetto ai 31,9 euro del 2023. La forbice retributiva tra Nord e Sud si allarga dalla Danimarca (50,1 euro) ai costi più bassi di Bulgaria, Romania (12,5 euro) e Ungheria (14,1 euro). L’Italia si posiziona al di sotto della media europea, con un costo orario del lavoro di 29,8 euro nel 2023, leggermente superiore ai 29,4 euro del 2022. Il costo orario del lavoro varia anche tra i diversi settori economici. Nell’UE, nel 2024, il costo è stato di 33,9 euro nell’industria, 30 euro nel settore delle costruzioni e 33,3 euro nei servizi.
Il ‘Cuneo fiscale’
Da notare però che a variare molto è l’impatto dei costi non salariali (il cosiddetto cuneo fiscale), con la Francia (33,2% del costo salariale orario) che paga in percentuale più di tutti in questo tipo di oneri. In questa classifica l’Italia è al quinto posto, con il 27,4 % di media, mentre l’incidenza più bassa si registra a Malta (6,6%).
Paradosso bassa disoccupazione bassi salari
Tra i principali problemi del mondo del lavoro c’è Il paradosso della bassa disoccupazione e dei bassi salari. Nell’Unione Europea il caso dell’Italia fa scuola non solo tra gli economisti. Le parole del Presidente della Repubblica in occasione del 1 Maggio lo evidenzia in tutta la sua gravità: «Sappiamo tutti come le questioni salariali siano fondamentali per la riduzione delle disuguaglianze». A fronte di questo monito suonano contraddittori gli annunci trionfalistici del governo che pure hanno una base nei numeri: record di occupati a luglio con 24 milioni di lavoratori; tasso di disoccupazione al 6,5%; occupazione femminile al 52,3%; disoccupazione giovanile scesa al 20,8%.
Per uscire dal labirinto di narrative così in contraddizione, che mettono cioè insieme record di occupazione e allarme per il costo della vita, è necessario osservare cosa c’è ‘dietro ai numeri’.
‘La questione salariale’
Lo fa Andrea Garnero un economista dell’Ocse che ha scritto con Roberto Mania un saggio intitolato «La Questione salariale». In Italia si lavorano poche ore, quelle ore sono pagate meno e i lavoratori sono impiegati in produzioni a bassa produttività. Le poche ore sono rappresentate da contratti part-time superiori alla media europea (‘part-timeinvolontario’), così come le discontinuità contrattuali (contratti a termine). Una grande parte dei lavoratori è impiegata in settori a basso valore aggiunto e quindi a bassi salari e più alta discontinuità lavorativa come, per esempio, il turismo. Quindi la disoccupazione è bassa, ma non c’è una corrispondente pressione al rialzo sui salari come dovrebbe essere quando le imprese faticano a trovare personale. Anzi ci sono allarmi per l’assenza di forza lavoro qualificata.
Stipendi bassi profitti alti
Un esempio ce l’offre il turismo. Alberghi, locazioni turistiche e ristorazione sono un settore in crescita, con prezzi al consumatore in aumento e che lamenta l’assenza di lavoratori disponibili a fare le stagioni, ma che al tempo stesso ha rinnovato un contratto nazionale con aumenti salariali che non riflettono la crescita del settore. Tradotto: stipendi bassi a fronte di profitti alti. Ma la questione dei salari bassi non colpisce solo chi è in fondo alla scala delle competenze, ma riguarda anche i lavoratori più qualificati.
Poche posizioni dirigenziali
In Italia ci sono meno posizioni dirigenziali che in altri Paesi. In sintesi la ragione dei bassi salari italiani sono tre: le poche ore lavorate pagate poco per l’alto numero di part-time involontari; la discontinuità contrattuale dovuta ai contratti a termine; la mancanza di ruoli quadri-direttivi tra i lavoratori full time, ovvero con salari lordi sopra i 40mila euro annui. Ed è qui che si apre un fossato incolmabile con le principali economie europee.
Laureati italiani ultimi e pochi
Per i giovani laureati italiani gli stipendi in Germania, Francia, Inghilterra si raddoppiano e triplicano in confronto all’Italia. Da cui la ormai ben nota fuga di cervelli che ha spostato dal 2011 al 2023 550mila giovani tra i 18 e 34 anni, come documentato da Fondazione NordEst. Circa 50 mila solo l’anno scorso. Per numero di laureati l’Italia è davanti solo alla Romania.
Italia ultima per retribuzioni tra le grandi economie della Ue
E peggio, i salari a parità di potere d’acquisto sono scesi del 3,4% rispetto al 1991. Mentre in altri Paesi Ocse, Germania in testa, salivano, invece del 30%. Numeri impietosi messi in secondo piano da una realtà distorta in cui le diseguaglianze aumentano e con esse nuove forme di povertà da lavoro, di occupati cioè che non detengono sufficiente potere d’acquisto. Occorre un’analisi seria e proposte di soluzioni concrete per arrestare quello che si delinea ormai come un declino socio-economico di tutto il Paese.
01/05/2025
da Remocontro