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La Rai in mano al governo: arriva la riforma della destra

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Per l’opposizione il testo della maggioranza è «irricevibile, Meloni occupa la tv di Stato»

In fretta e male. La maggioranza ha presentato la sua proposta di riforma della Rai a ridosso della scadenza dell’8 agosto, quando sarebbe partita la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento al Media Freedom Act. La direttiva europea impone ai paesi membri di liberare il servizio pubblico radiotelevisivo dal controllo governativo ma la bozza del centrodestra va in senso opposto.

IL TESTO BASE, composto dal comitato ristretto che aveva il compito di unificare le 11 proposte depositate per l’adeguamento delle norme italiane all’Emfa (arrivato ieri nella VIII commissione del Senato), include tredici articoli che spaziano dalla governance al canone, al ruolo degli influencer. Il punto che ha scatenato le opposizioni, che parlano di «testo irricevibile», riguarda proprio il futuro assetto del consiglio di amministrazione della televisione di stato: sei membri saranno nominati dal parlamento ma sarà necessaria la maggioranza dei due terzi solo nei primi due scrutini, mentre a partire dal terzo basterà la maggioranza semplice escludendo le opposizioni. Il settimo resta da assegnare all’assemblea dei dipendenti. Inoltre parteciperanno al Cda, senza diritto di voto, un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni e uno indicato dalle associazioni dei Comuni d’Italia.

PER LA MAGGIORANZA è un metodo che serve a evitare eventuali impasse in caso di mancato accordo. Così come per la nomina del presidente. Al momento la situazione è in stallo: da mesi il centrodestra non riesce a eleggere Simona Agnes, voluta da Fi. Questo perché, a regole vigenti, il presidente ha un ruolo di garanzia e per nominarlo occorrono anche i voti della minoranza. Con la riforma varrà la volontà della maggioranza. Per presidente e cda, poi, la durata in carica passerà da tre a cinque anni «per aiutare la programmazione». Il presidente Mattarella, alla cerimonia del Ventaglio ieri, ha parlato anche di Rai sottolineando «la paralisi sconfortante» ma anche il ruolo del giornalismo «cane da guardia contro le tentazioni degli eccessi del potere».

«DI FATTO vengono dati pieni poteri ai partiti di governo, offrendo loro la possibilità di eleggere da soli tutti i consiglieri di amministrazione e anche il presidente della Rai», accusa il capogruppo dem nella commissione di Vigilanza Rai, Stefano Graziano. E Barbara Floridia, presidente pentastellata dell’organismo: «Il superamento della nomina governativa diretta dei membri del Cda (voluta dal governo Renzi, ndr) è un passo avanti solo apparente: la nuova composizione ripropone il rischio di una Rai ostaggio della maggioranza di turno che non garantisce indipendenza, ma ripropone logiche spartitorie. Chiediamo che le nomine avvengano sempre a maggioranza qualificata». Anche la norma che consente di ratificare l’elezione del presidente con la sola maggioranza assoluta della commissione di Vigilanza già al terzo scrutinio è, per Floridia, «un compromesso al ribasso che, di fatto, apre la strada a un controllo politico pieno su questa figura di garanzia». Per Floridia il testo presenta luci e ombre ma, per il gruppo di lavoro della maggioranza, esistono solo le prime. «Ci sono solo luci – ha commentato il senatore azzurro Roberto Rosso -. A settembre ci sarà il periodo degli emendamenti».

MA IL CENTROSINISTRA rispedisce al mittente l’intero impianto della proposta che «mira all’occupazione politica della Rai», sostengono in una nota congiunta Pd, M5s, Avs, Iv, Azione e PiùEuropa con i rappresentanti di Articolo 21, MoveOn, NoBavaglio, Libera Informazione, Articolo 5 e Unione degli Studenti. Nel testo, sostengono le opposizioni, che stanno definendo una proposta alternativa, «mancano procedure e criteri trasparenti, non viene chiarito il perimetro del servizio pubblico, non si garantisce trasparenza né un monitoraggio esterno efficace, si ignora del tutto il tema cruciale delle risorse economiche». Le norme presentate sono frutto più che altro di una mediazione tra le forze del governo. Lo ammette la Lega, insoddisfatta dalla formulazione: «Qualunque variazione in negativo dell’ammontare del canone non può superare il 5 percento rispetto all’importo dell’anno precedente». «La riduzione non è sufficiente ma la accettiamo», ha sottolineato il capogruppo del Carroccio in Vigilanza, Giorgio Mario Bergesio.

31/07/2025

da il Manifesto

Luciana Cimino

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