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La disinformazione e la propaganda del governo sul referendum cittadinanza

La disinformazione e la propaganda del governo sul referendum cittadinanza

Una consultazione referendaria dovrebbe essere il momento essenziale per consentire alle persone di comprendere chiaramente la questione sottoposta al loro voto.

Invece, ci si avvicina al referendum dell’8 e del 9 giugno tra poco argomentati inviti all’astensione, in spregio al “dovere civico” del voto, e affermazioni prive di fondamento, con cui i politici di maggioranza sostanziano la propria propaganda.

In particolare, circa il quesito sulla cittadinanza ciò è di tutta evidenza. Pertanto, serve smontare alcune sciocchezze che si sentono in questi giorni.

Va premesso che attualmente il cittadino di un paese che non fa parte dell’Unione europea deve risiedere legalmente dieci anni in Italia per poter chiedere la cittadinanza. L’obiettivo del quesito referendario è ridurre questo periodo a cinque anni.

Le bufale delle motivazioni contrarie

Tra le motivazioni contro il Sì c’è quella per cui l’Italia è il paese dell’Ue che concede più cittadinanze, e pertanto non serve allentare i relativi criteri. È vero che l’Italia ha il primato in Europa, ma – come riferisce Pagella Politica – se si rapporta il numero delle nuove cittadinanze a quello dei residenti nel paese, l’Italia passa al quinto posto dietro Svezia, Lussemburgo, Belgio e Spagna.

Sono in Italia da quando avevo due anni, dopo 25 anni non sono ancora cittadino italiano

Peraltro, la normativa italiana è più stringente rispetto a quella di altri paesi. Per chi è nato in Spagna, è sufficiente risiedervi legalmente per un anno prima di poter richiedere la cittadinanza.

E in Germania i bambini stranieri diventano cittadini tedeschi se, al momento della loro nascita nel paese, almeno uno dei genitori risiede legalmente in Germania da cinque anni, con un permesso di soggiorno permanente.

Un’altra delle affermazioni contro il Sì è che cinque anni sarebbero pochi per imparare la lingua italiana e, quindi, per integrarsi effettivamente. Chi avanza questa obiezione omette di dire che, al di là degli anni di residenza, restano fermi tutti gli altri paletti per l’acquisizione della cittadinanza.

Tra questi, la conoscenza certificata della lingua italiana ad un livello non inferiore al B1 e la percezione di redditi sufficienti al sostentamento, oltre alla fedina penale pulita e altro. Dunque, chi chieda la cittadinanza senza saper parlare l’italiano o senza disporre di un lavoro, e quindi di un certo reddito, continuerà a non ottenerla, esattamente come accade ora, anche se gli anni passino da dieci a cinque.

Del tutto infondata è pure l’affermazione per cui la riduzione dei tempi per diventare cittadini rappresenterebbe un incentivo per l’arrivo di migranti irregolari.

Quelli che non riuscissero a ottenere un permesso di soggiorno per protezione internazionale, prima di poter pensare alla cittadinanza, dovrebbero regolarizzare la propria situazione. Ma ciò potrebbe avvenire solo attraverso un provvedimento di “sanatoria”, assai improbabile da parte dell’attuale governo.

La farsa del decreto flussi

Il paradosso è che il governo Meloni, come già i precedenti, ha realizzato una sanatoria di fatto, “mascherata” attraverso lo strumento triennale del decreto flussi. Con l’ultimo, ha disposto l’ingresso regolare in Italia, tra il 2023 e il 2025, di circa 450.000 lavoratori, il numero più alto degli ultimi anni.

Il meccanismo dovrebbe essere questo: il datore di lavoro, su una piattaforma del Viminale, presenta la domanda di assunzione di una persona che vive all’estero e, se la domanda è accettata, la assume dopo l’arrivo in Italia.

Ma è palese che nessuno assumerebbe individui che non ha mai conosciuto, specie per mansioni delicate quali baby sitter o badanti. In realtà, in molti casi, si finge che lo straniero, il quale già lavora in Italia senza permesso di soggiorno, si trovi nel proprio paese e che entri legalmente con la richiesta nominativa. Ciò è noto da tempo, ma il governo mostra di ignorarlo.

Dunque, il problema sono gli anni per ottenere una cittadinanza, con cui si consentirebbe a persone già integrate di divenire italiane a ogni effetto, o l’ipocrisia della propaganda che esponenti dell’esecutivo continuano a fare sul tema dell’immigrazione?

29/05/2025

da Domani

Vitalba Azzollini

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