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Il tetto dei sei mesi di risarcimento è incostituzionale

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Corte Costituzionale. Dichiarato incostituzionale il tetto di sei mensilità per i risarcimenti da licenziamento illegittimo nelle piccole imprese, accogliendo le ragioni del referendum promosso dalla Cgil. Al Senato si combatte contro l’emendamento Pogliese che limiterebbe i diritti sui crediti retributivi

I 13 milioni di cittadini che hanno votato i referendum indetti dalla Cgil l’8 e il 9 giugno avevano ragione: il tetto di sei mensilità imposto all’indennità risarcitoria nelle piccole imprese in caso di licenziamento illegittimo andava cambiato. Lo ha stabilito ieri la Corte costituzionale che, in una sentenza pubblicata ieri, ha dichiarato incostituzionale la norma varata nel 2015 con il Jobs Act, perché non tiene conto della gravità del licenziamento, dei casi specifici e della forza economica dell’azienda.

LA CORTE HA SOSTENUTO che la norma, valida per le aziende sotto i quindici dipendenti (o complessivamente sotto i sessanta in ambito comunale), limita eccessivamente la personalizzazione del risarcimento da parte del giudice e compromette l’adeguatezza dell’indennizzo e la funzione deterrente nei confronti del datore di lavoro. La Consulta ha evidenziato come il numero di dipendenti non sia un indicatore sufficiente per stabilire la forza economica di un’impresa, rimandando la questione a un possibile intervento legislativo.

L’AUSPICIO è ora quello «di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sotto soglia», in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori come ad esempio la crisi dell’impresa, il criterio del numero dei dipendenti «non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi».

I SINDACATI confederali hanno accolto positivamente la sentenza della Consulta. Per il leader Cgil Maurizio Landini, si tratta di una conferma delle richieste espresse dal sindacato con i referendum: «Occorre rimettere il lavoro al centro della discussione politica e sociale del paese». Mattia Pirulli (Cisl) ha parlato di «decisione positiva» e ha auspicato un nuovo intervento legislativo con il coinvolgimento delle parti sociali. Per Ivana Veronese (Uil), il risarcimento per licenziamento illegittimo «non basta» e dovrebbe essere previsto anche il reintegro del lavoratore. «La Corte – per Arturo Scotto e Maria Cecilia Guerra del Pd – ha usato le stesse motivazioni per cui il referendum era stato promosso: la forbice fra 0 e 6 mesi non permette al giudice di tenere conto delle circostanze in modo adeguato, e il numero dei dipendenti non è indicatore corretto della forza economica dell’impresa». Alleanza Verdi Sinistra (Avs) e Cinque Stelle hanno invitato il governo a prendere atto della decisione e a cambiare rotta in tema di diritti del lavoro.

È LA STESSA RICHIESTA avanzata dalle opposizioni in un altro scontro, quello in corso sull’emendamento, a prima firma di Salvo Pogliese di Fratelli d’Italia al Decreto ex Ilva al Senato. La norma riguarda la disciplina dei crediti retributivi. Secondo le opposizioni e i sindacati confederali e quelli di base come Adl Cobas, l’emendamento comprimerebbe i diritti dei lavoratori nel rivendicare stipendi e arretrati non pagati dai datori di lavoro. In particolare, l’emendamento limiterebbe i tempi per avviare azioni legali per il recupero dei crediti, obbligando i lavoratori a dimostrare l’insufficienza delle retribuzioni in caso di contenzioso. «Si vogliono rendere inesigibili questi crediti per milioni di lavoratori, oltre che incredibimente tra i meno tutelati dalla giurisprudenza, e si imporrebbe una gravissima limitazione ai lavoratori con paghe sotto la soglia di povertà» ha sostenuto l’Unione Sindacale di Base (Usb).

«UN VERO COLPO di spugna» per Giuseppe Conte (Cinque Stelle): «Indebolire i diritti dei lavoratori è il contrario di quel che serve a questo paese». Anche il Partito Democratico ha chiesto il ritiro dell’emendamento. La norma è una «revisione unilaterale» della giurisprudenza consolidata della Cassazione e contrasta con gli impegni al «dialogo» assunti dalla presidente Meloni, ha sostenuto Maria Cecilia Guerra del Pd. Senza contare il fatto che l’emendamento Pogliese «non ha alcuna attinenza con il Decreto Ilva» e andrebbe discussa in un’altra sede. Si tratta di un «condono mascherato» per Tino Magni (Avs) secondo il quale il governo intende cancellare le violazioni retributive precedenti al 2020: «Un regalo agli imprenditori».

22/07/2025

da Il Manifesto

Roberto Ciccarelli

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