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Giappone: sull’ottovolante dei dazi scopre la nuova America

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Ieri, sull’ottovolante del luna park ‘Donald Trump’ che affronta le montagne russe dei dazi doganali ha incassato il Giappone. La sua Borsa, approfittando dei continui giri di valzer dell’instabilissimo tycoon, è ridecollata a razzo. Il Nikkei Stock Average ha chiuso in rialzo di oltre il 9%. Che rappresenta, il secondo exploit più significativo di sempre.

L’instabile presidente sul mondo dell’impresa

La notizia della ‘moratoria’ di 90 giorni sull’applicazione delle tariffe Usa è stata, dunque, come una boccata d’ossigeno per la traballante economia nipponica. Anche se la resa dei conti è solo rimandata e Tokyo, rispetto ad altre realtà industriali, alla fine potrebbe persino cavarsela meglio. Per ora ci si accontenta del tempo guadagnato per studiare il modo migliore per tenere in piedi un sistema che è fortemente dipendente dall’estero. D’altro canto, come spiega ‘Nikkei Asia’, i settori azionari che hanno guadagnato di più dopo il ripensamento della Casa Bianca, indicano la forza, ma anche la debolezza dell’apparato produttivo del Sol Levante. «L’aumento delle azioni giapponesi – ha scritto Nikkei –  è stato trainato da esportatori come i produttori di elettronica e le case automobilistiche. Le azioni di Hitachi e Kawasaki Heavy Industries hanno raggiunto il loro limite massimo, mentre Renesas Electronics e Toyota Motor hanno recuperato parte delle recenti perdite».

Le aspettative degli investitori e le piroette Usa

Naturalmente, ci sono molti elementi che concorrono a fare il mercato e le ‘aspettative degli investitori’ hanno un ruolo importante. Gli esperti della banca Morgan Stanley, per esempio, prevedono un andamento rialzista per i titoli azionari asiatici in generale, e in particolare per quelli giapponesi. Secondo loro, «il Giappone sembra essere il primo in lizza per negoziare un accordo con gli Stati Uniti, in base alle dichiarazioni del Segretario al Tesoro Scott Bessent». Pare di capire che l’alleato nipponico sia troppo importante nella sua funzione geopolitica anti-Cina, per inimicarselo attraverso dazi e balzelli. Così Bessent ha fatto intuire che al governo di Tokyo verrà data una precedenza assoluta nei negoziati commerciali. Anche rispetto ad altri alleati. E qui affiora una delle ragioni, che stanno dietro la selvaggia strategia protezionistica di Trump, e cioè il suo utilizzo come mezzo di ‘persuasione’ in politica internazionale. Altrimenti non si spiegherebbe fino in fondo il trattamento differenziale, utilizzato con i diversi Paesi, come le Filippine (17%) rispetto al Giappone (24%).

Finanza Usa non onnipotente

Ma anche la Casa Bianca non riesce a essere finanziariamente onnipotente. Gli analisti dicono che forse Trump è pronto ad affrontare l’altalena del mercato azionario. E magari a giocarci. Ma quello che gli sfugge è il mercato obbligazionario e, in particolare, quello dei suoi titoli di Stato. Prima che Trump frenasse i dazi, i titoli del Tesoro statunitensi decennali erano stati venduti, causando un aumento dei rendimenti e un calo dei prezzi. Chiaro indice di perdita di fiducia dei risparmiatori. Questo per dire che la Banca del Giappone, nel muoversi, deve fare una straordinaria opera di bilanciamento tra difesa del cambio, monitoraggio dell’inflazione e valutazione del giusto livello dei tassi di interesse. Per quanto riguarda i mercati, come scrive Nikkei Asia, «giovedì pomeriggio, lo yen si è indebolito rispetto al dollaro. Il rendimento dei titoli di Stato giapponesi a 10 anni, a un certo punto è salito di 12,5 punti base. L’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato giapponesi dimostra che «i timori di una grave recessione si sono placati, facendo rinascere l’attesa per un aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone», ha affermato Ataru Okumura, stratega senior alla SMBC Nikko Securities.

Problemi dell’economia giapponese

Ma i fondamentali dell’economia giapponese ancora disponibili non inducono certo all’ottimismo. Secondo gli indicatori statistici settimanali dell’Economist, la crescita del Pil è ancora troppo bassa (intorno al 1%), soprattutto tenendo conto che nel 2024 il Paese era rimasto praticamente fermo, con un Pil in rialzo solo dello 0,1%. Tutto ciò mentre all’orizzonte si profila un altro rischio non di poco conto: un tasso d’inflazione che viaggia a ritmi del 3,6%. Ma che, in modo particolare, amplia il suo differenziale con quello dei Paesi concorrenti. L’ultima annotazione va riservata alle strategie aziendali nipponiche, che dalla volubilità commerciale trumpiana escono letteralmente massacrate.

A fronte di regole commerciali internazionali che cambiano tutti i giorni, secondo le paturnie della Casa Bianca, tutte le grandi aziende di Tokyo devono vivere praticamente alla giornata. In questa fase, è pressoché impossibile elaborare piani contabili affidabili o fare previsioni sui fatturati. Insomma, con Trump siamo partiti dal capitalismo di cartone e, passando per quello di silicio, siamo arrivati infine nel suo. Quello dove in America si gioca a dadi, sulla pelle del resto del pianeta.

11/04/2025

da  Remocontro

Piero Orteca

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