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Friedman: «Netanyahu il peggior leader della storia ebraica»

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Thomas Friedman editorialista del New York Times, ‘ebreo e orgoglioso di esserlo’, 3 premi Pulitzer alle spalle, ieri in California: «Netanyahu sarà ricordato come il peggior leader della storia ebraica». Pochi giorni prima sul NYTimes: «Netanyahu ha reso Israele radioattiva. Ebrei nel mondo più minacciati. Ha sulla coscienza troppe vittime civili nella Striscia». Daranno anche e lui dell’antisemita?

                                    

Friedman, il Pulizer ‘sussurratore’

«Netanyahu sarà ricordato come il peggior leader della storia ebraica». Lo pensano in molti, ma se a dirlo è un giornalista Premio Pulitzer, per giunta di origini ebraiche, allora il giudizio diventa ancora più pesante. Ad esprimersi in questi termini è stato Thomas Friedman, una delle penne di punta del New York Times. Il noto opinionista, considerato dagli osservatori molto vicino al Presidente Biden (lo chiamano ‘il Sussurratore’), ha parlato durante una conferenza su «Israele dopo il 7ottobre», organizzata dall’Università della California e dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

Ritorno al 1948, ma con armi micidiali?

Friedman ha tracciato un quadro della crisi molto chiaro: Israele ha davanti a sé pericoli e opportunità. Molto dipenderà dalla sua capacità di instaurare, al più presto, un nuovo tipo di rapporto con i palestinesi. Se ciò non fosse possibile, si tornerà indietro nel tempo, al 1947-48, con nuove armi. E lo scontro si aggraverà «se non si riuscirà a sviluppare una visione coerente per il futuro di Gaza e un piano strategico più ampio per la regione». Naturalmente, una ‘piano strategico’ richiede uno sforzo politico e un’abilità che l’attuale esecutivo israeliano non sta dimostrando.

Destra guerrafondaia e incompetente

Assolutamente tranchant il giudizio di Friedman sul governo Netanyahu, come riporta Haaretz: «Teme che l’opzione bellica diventi sempre più probabile, quanto più a lungo rimarrà al potere la coalizione di estrema destra. Con un gruppo di ministri che lui definisce ‘incompetenti, che non vorrei come camerieri al bar mitzvah di mio nipote’».

Gaza, guerra mondiale delle opinioni pubbliche

Il giornalista del New York Times, ha poi sottolineato la dimensione globale della guerra di Gaza. Ha detto che si tratta di una vera e propria ‘guerra mondiale’, che sta coinvolgendo l’opinione pubblica di tutto il pianeta e che ha ricadute in tutti i settori, dalla geopolitica all’economia. Proprio per questo, Friedman afferma che siamo di fronte al periodo più difficile di tutti i tempi nella storia dell’Israele moderno. Ne è una riprova anche l’accusa di genocidio mossa davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Friedman non crede, assolutamente, che ci siano gli estremi per arrivare a una condanna di questo tipo. Resta il fatto, però, che la condotta stessa della guerra da parte israeliana, dimostra la palese mancanza di una strategia compiuta.

Il rifiuto di uno Stato palestinese

E qui torna al centro del discorso la pecca più evidente del teorema geopolitico di Netanyahu: il rifiuto di uno Stato palestinese. Proprio il rigetto di questa formula è alla base di tutti i successivi squilibri che, come in un effetto-domino, si ripercuotono quotidianamente sulla crisi della regione. Identificare, invece, l’Autorità nazionale palestinese come interlocutore privilegiato, potrebbe essere la strada maestra per costruire tutto una fitta relazione di intese diplomatiche con i Paesi arabi moderati. Si tratta di un processo che era faticosamente in corso, e che è stato bruscamente interrotto il 7 ottobre.

Dopo il 7 ottobre cosa?

Adesso, arrivare a qualche forma di compromesso sulla crisi di Gaza e, più in generale, sul problema palestinese, è una mossa necessaria se si vorrà, per esempio normalizzare i rapporti diplomatici con l’Arabia Saudita. A questo si riferisce Friedman, quando dice che Israele ha margini di tempo ridotti, per non perdere il residuo sostegno dell’opinione pubblica mondiale. Poi, da ebreo-americano, il giornalista ha messo gli elettori dei due Paesi in guardia, contro quelli che lui giudica pericoli da evitare: Trump e Netanyahu. «Non votateli -ha detto-, perché un mondo con loro non è quello che vorrei lasciare ai miei nipoti».

Contro la ‘teocrazia ebraica’

L’ultima (accorata) critica viene riservata agli ultra-ortodossi, alla cosiddetta ‘teocrazia ebraica’. «Friedman ha detto che trascorre gran parte del suo tempo -ancora Haaretz-  cercando di spiegare agli ebrei americani quanto siano pericolosi gli estremisti del governo israeliano. Se non li prendi sul serio -ha concluso il giornalista- e non capisci che Israele, il suo destino, il suo futuro e il suo carattere, come democrazia e come Stato ebraico moderato, sono in discussione, allora non presti loro attenzione».

29/03/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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