Usa. «Insurrezione», Trump infiamma i social e manda duemila soldati della Guardia nazionale. Il governatore della California lo querela
L’ordine di Trump ha mobilitato 2.000 agenti della guardia nazionale per 90 giorni, ma il corteo che dal municipio si è poi messo in marcia per raggiungere il presidio del tribunale, ha gridato il rifiuto netto della città alla militarizzazione di un conflitto creato ad arte.
Queste non erano le centinaia di persone che nei giorni precedenti avevano reagito spontaneamente ai rastrellamenti nei loro quartieri e posti di lavoro ma un serpentone di circa diecimila persone di ogni razza ed età, provenuto da ogni parte di Los Angeles per urlare un’indignazione collettiva per quelle che la sindaca Karen Bass ha definito «le tattiche del terrore mirate a sovvertire l’ordine e la sicurezza della comunità» che non sarebbero state tollerate da una «fiera città di immigranti».
Percorso il breve tragitto il corteo si è stemperato in una folla che ha circondato gli edifici e per molte ore vi sono stati slogan, occasionali contatti e tafferugli con gli agenti federali e soprattutto con la polizia cittadina che ai lanci di bottiglie di plastica ha reagito con piccole cariche, lacrimogeni, granate stordenti e proiettili di gomma.
Nei teleobiettivi della stampa sono finiti i contusi e le botte, l’occasionale cassonetto incendiato e i tre robotaxi della Waymo (Google) che sono stati dati alle fiamme. Verso sera la folla si è «presa la 101» occupando brevemente le corsie dell’autostrada per Hollywood.
Nel complesso un livello di scontro paragonabile ai disordini che solitamente seguono le vittorie in campionato delle squadre di casa ma che sulla stampa filo-Trump (e quella internazionale) sono assurte a «violenta insurrezione», la formulazione prediletta anche dal presidente. L’iconografia selettiva ha rimandato, nei titoli allarmisti ai riot, le sommosse con cui la città ha lunga consuetudine – da Watts nel 1965 al ‘92 dopo Rodney King.
ALLORA LA GUARDIA nazionale era arrivata per pacificare una città che aveva sofferto quasi 100 morti civili in quattro giorni di guerriglia. In comune con quegli episodi c’è una grande solidarietà, ma oggi non si è neanche lontanamente vicini a quella situazione – salvo nei post social di Trump che dipinge una città in balia di orde assetate di sangue. «Una grande città invasa e occupata da stranieri criminali» ha scritto, che urge liberare «attivando subito le truppe». Le dichiarazioni, sconsiderate e pericolosamente infiammatorie, sono giunte anche da altri membri del governo. «Ogni intralcio alla completa rimozione degli ‘illegali’ verrà considerata un’insurrezione contro le leggi e la sovranità degli Stati uniti», ha rincarato il consigliere speciale Stephen Miller. Micahel Johnson, uomo Maga alla Camera, ha invece precisato la linea politica: «Il nostro principio – nel mondo, come negli affari domestici – rimane pace attraverso la forza». E alla forza è delegato Tom Homan, «zar della deportazione» che volato in città, davanti ai mezzi corazzati ha intimato «ubbidienza» o «qualcuno ci rimetterà la pelle».
Homan ha anche minacciato di arresto politici non adempienti come la sindaca Bass e lo stesso governatore, Gavin Newsom, il quale, arrivato anche lui a Los Angeles, ha risposto per le rime: «Sa dove trovarmi, lo aspetto. Intanto giù le mani dai nostri civili e dalle nostre scuole, o se la vedrà con me». (Ad aprile gli agenti Ice avevano tentato di entrare in una scuola elementare seminando il panico fra bambini e genitori). Newsom ha annunciato ricorso ai tribunali per riprendere il controllo della “sua” guardia nazionale.
Seminare il panico sembra essere esattamente lo scopo di questo stato d’assedio artefatto, inflitto ad una città in cui, prima dei raid scatenati di proposito sui punti più sensibili, non vi era emergenza alcuna. La continue ed irresponsabili escalation ufficiali infiammano invece la seconda metropoli d’America, ancora convalescente dalla ferita degli incendi, e mettono in pericolo tutti, come ha sottolineato anche il direttore del distretto scolastico Lausd – che ha rivendicato per i suoi studenti il diritto alla frequenza senza timori di i venire prelevati da agenti mascherati (ieri sono scesi in piazza anche i liceali).
Elevare lo scontro in tutti i settori sociali è invece l’obiettivo delle «forze di occupazione», come le chiama qualcuno. Venerdì è stato malmenato ed arrestato David Huerta, segretario della Seiu (il maggiore sindacato del settore pubblico – 700.000 membri nella contea) che tentava di informarsi sugli operai sequestrati. Ieri c’è stata la prima istruttoria sulle accuse («resistenza a agente federale») che potrebbero valergli una condanna a sei anni.
OGNI PASSO va a perpetrare la narrazione dell’American carnage – la carneficina americana – adottata da Trump per consolidare il consenso della pancia retrograda e impaurita del paese. In quel teorema Los Angeles, laboratorio meticcio di integrazione multietnica, diventa in questi giorni banco di prova per la decostruzione del modello funzionalmente integrato che è anatema delirio accelerazionista Maga. È qui che, con un atto dimostrativo, Trump intende compiere il salto qualità verso il modello più esplicitamente autoritario.
La resistenza di Los Angeles potrebbe essere l’ultima utile per evitare di imboccare una pericolosissima strada a senso unico senza ulteriori rampe di uscita.
10/06/2025
da Il manifesto