Un tank israeliano bombarda «per errore» la chiesa della Sacra famiglia a Gaza, tre morti tra i 500 rifugiati di ogni fede, ferito anche padre Romanelli, con cui papa Francesco parlava ogni sera. Secondo Hamas, Israele ha abbattuto circa il 79% delle moschee della Striscia. Le reazioni del Papa e della premier Meloni, accusata di avere la ‘coda di paglia’
Non la prima volta, forse neppure l’ultima
La chiesa della Sacra famiglia di Gaza City. L’esercito israeliano non l’aveva risparmiata in questi ventuno mesi di raid quotidiani sulla Striscia. Il 16 dicembre 2023 i cecchini entrarono nel complesso e uccisero due donne cristiane, madre e figlia. Il Patriarcato dichiarò che si trattava di omicidi «a sangue freddo». Il 7 luglio 2024 un raid colpì la scuola cattolica, uccidendo quattro persone. L’esercito ha poi bombardato e distrutto generatori elettrici, serbatoi d’acqua, pannelli solari e alcuni locali, elenca Eliana Riva sul Manifesto.
Una possibile strage
Nel complesso cristiano colpito sono rifugiate circa cinquecento persone, palestinesi cattolici e ortodossi. Intorno alle nove i militari israeliani hanno colpito il tetto della chiesa, che è crollato nel cortile dove si trovavano decine di persone Due donne anziane che erano sedute all’interno sono rimaste uccise. È morto anche il portinaio della parrocchia. Sei persone sono state ferite in maniera seria. Padre Gabriele Romanelli, in maniera lieve.
Il patriarcato latino
Al cardinale Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, l’esercito parla di un colpo di cannone ‘partito per errore’ da un carro armato. ‘Dispiacere’ israeliano con bugia annessa: «Israele non prende mai di mira chiese o siti religiosi». Il 79% delle moschee della Striscia tutte colpite e abbattute per errore? E la chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, ottobre 2023, con centinaia di sfollati dove sono state uccise 18 persone tra cui diversi bambini. O la Chiesa bizantina di Jabaliya, completamente distrutta. Tutti ‘errori’?
I cristiani in Cisgiordania
Padre Bashar Fawadleh è parroco della chiesa cattolica di Cristo Redentore, nell’unico villaggio cristiano in Cisgiordania. Padre Bashar racconta Michele Giorgio. è tornato dalle campagne alle spalle della chiesa bizantina di San Giorgio soggetta come gli altri villaggi a est di Ramallah a continue scorribande da parte di coloni israeliani. Nei vicini Kufr Malik e Sinjil, sono stati uccisi, nell’ultimo mese, cinque palestinesi, colpiti dal fuoco dei coloni e dei soldati israeliani giunti a proteggerli.
Impunità
«Danno fuoco a case e auto, sparano, ammazzano, fanno ciò che vogliono e nessuno li ferma», denuncia il sacerdote. «Questa mattina (ieri) un colono ha portato le sue mucche a pascolare quasi dentro la chiesa», racconta. «Gli abbiamo detto che quello è un luogo religioso, un sito storico, e non può portarci il bestiame. Non ci ha degnati di una risposta; anzi, a un certo punto ha agitato un bastone per minacciarci. È andato via quando ha deciso di farlo, incurante delle nostre proteste».
Il declino di Taybeh
L’accelerazione delle intimidazioni ha contribuito al declino di Taybeh, un «gioiello» in Palestina, ed è altra espulsione di palestinesi. «Quella è una zona agricola vitale, e il sostentamento economico per tante famiglie del villaggio. Ci sono migliaia di ulivi, allevamenti di pollame e pecore, e campi coltivati. I nostri contadini, però, sempre più spesso sono bloccati durante il raccolto, costretti ad abbandonare le olive. E ora i coloni mandano le loro mucche e pecore a mangiare ortaggi e verdure nelle nostre terre».
Cristiani in fuga
«Solo negli ultimi mesi, più di dieci famiglie hanno deciso di trasferirsi all’estero», riferisce padre Bashar. «Quasi il 10% degli abitanti è andato via. Chi parte va negli Usa, in Guatemala e in Cile, dove vivono migliaia di persone originarie di Taybeh. Lì trovano una vita normale, senza oppressione, uccisioni e pericoli». La popolazione cristiana in Cisgiordania è ora sotto le 40mila persone, rispetto alle 46.000 del 2017. lnstabilità economica, i raid dei coloni, e il dissolversi della speranza di una vita migliore. Anche se vince la volontà di resistere: «I palestinesi cristiani sono palestinesi come tutti gli altri: resistiamo, non ci arrendiamo, perché questa è la nostra terra. Ci basta poco per sopravvivere»
Papa Leone ruggisce, l’Italia balbetta
- Il papa ai potenti del mondo: «arrestare questo assurdo e deplorevole bagno di sangue». «Un cortocircuito che spinge in prima battuta Giorgia Meloni – la premier di un’Italia che ‘ospita’ lo Stato del Vaticano – ad uscire dal cono d’ombra del silenzio complice, che la mostra piccola piccola ma con una grande coda di paglia, per alzare la voce e indignarsi contro il governo Israeliano», accusa Tommaso Di Francesco.
Il non detto e il non fatto
«Dai mesi del suo silenzio e inerzia. Visto che potrebbe riconoscere lo Stato di Palestina, ma non lo fa; potrebbe chiedere la sospensione dall’Accordo di associazione di Israele con l’Ue, ma invece si oppone; potrebbe anche sospendere direttamente il Trattato-Memorandum militare che come Italia ci lega dal 2005 a Tel Aviv e che ci rende di fatto logistica militare complice del massacro in corso a Gaza. Giorgia Meloni ha sempre detto No. Però adesso si indigna».
19/07/2025
da Remocontro