Da non dimenticare
14/09/2025
da Remocontro
Ad ogni guerra sono sempre seguiti accesi dibattiti per comprenderne le cause, a cominciare dagli eventi che hanno portato all’inizio delle ostilità. Soprattutto le due guerre mondiali hanno attratto centinaia di storici, ricercatori e giornalisti che in più di un secolo ne hanno indagato gli aspetti meno conosciuti, sempre cercandone il senso, una spiegazione accettabile, o forse – per meglio dire – «la spiegazione» in assoluto.
- L’idea di fondo in molti autori era che, conoscendo prima le cause, si sarebbero potuti evitare altri errori fatali. Tra le tante opere dedicate al primo conflitto mondiale, ricordato anche come il «suicidio d’Europa», un posto particolare spetta alla giornalista e storica americana Barbara Tuchman che nel 1962 pubblicò ‘I cannoni d’agosto’, saggio divulgativo dedicato alle cause storiche della guerra e soprattutto alla concatenazione di eventi che nell’arco di un mese trasformarono un continente pacifico in un campo di battaglia.
Immagini e interrogativi che restano
Nelle prime pagine del libro, la Tuchman descrive con molti particolari il funerale di Edoardo VII, figlio della regina Vittoria morto nel 1910 che, in conseguenza dei rapporti di parentela con le dinastie europee, era soprannominato ‘lo zio d’Europa’. Il terribile Kaiser tedesco Guglielmo II e il debole zar di Russia Nicola erano infatti cugini e nipoti del re inglese. Eppure, a dispetto dei rapporti di parentela, nel 1914 i due divennero acerrimi e mortali nemici. Dietro questa rappresentazione di teste coronate – da non confondere assolutamente con quella delle cronache mondane – c’è però un’idea precisa di Europa: un continente prospero, progredito e che di fatto domina il resto del mondo in meno di cinque anni diventa preda di una carneficina mai vista prima e il funerale è in realtà collettivo.
Barbara Tuchman passa poi alla descrizione delle politiche dei singoli stati individuando i motivi delle contese in corso e di quelle che avrebbero portato alla guerra: la volontà di potenza globale del Kaiser, il desiderio di rivincita della Francia che reclama l’Alsazia e la Lorena perdute nel 1870, la precaria situazione dell’impero russo visto come un colosso dai piedi di argilla o la protervia britannica che domina gli oceani e non solo. In questo delicato intreccio di interessi contrapposti ogni visione è esclusivamente nazionale, priva della percezione di quanto invece siano strette le correlazioni.
Ognuno alla fine, ritenendo più forte il proprio interesse nazionale, contribuisce al conflitto generale nella convinzione che la contesa sia limitata al proprio rapporto con l’antagonista più prossimo. La Germania ad esempio concesse carta bianca all’impero d’Austria contro Serbia per l’attentato di Sarajevo; l’Austria maldestramente provocò la dichiarazione di guerra russa e la stessa Germania, pur intendendo ‘solo’ regolare il proprio conflitto con la Francia, provocò a sua volta l’intervento inglese violando la neutralità del Belgio.
Dalla crisi del 1914 alla crisi di Cuba
All’apice della crisi dei missili di Cuba, alla fine di ottobre del 1962, John F. Kennedy conosceva molto bene il libro di Barbara Tuchman. È probabile che lo avesse acquistato o ricevuto già nella primavera del 1962. Lord Harlech, ambasciatore del Regno Unito negli Stati Uniti, raccontò in un’intervista del 1965 che Kennedy ne aveva regalato una copia al primo ministro inglese MacMillan. La voce che al presidente fosse piaciuto il libro arrivò fino alla stessa Tuchman: non solo era vero, ma il presidente si era anche adoperato affinché le maggiori biblioteche militari ne ricevessero una copia.
Anche Robert F. Kennedy menziona una conversazione nello studio ovale durante la crisi di Cuba in cui si parlò delle lezioni da trarre dal libro: «Il grande pericolo e rischio in tutto questo – disse – è un errore di calcolo, un errore di giudizio» alludendo proprio al comportamento delle potenze europee e aggiungendo «Se qualcuno sarà in grado di scrivere dopo questo, capirà che abbiamo fatto ogni sforzo per trovare la pace e ogni sforzo per dare al nostro avversario spazio di manovra. Non spingerò i russi di un centimetro oltre il necessario».
Secondo altre testimonianze anche dopo il superamento della crisi John F. Kennedy tornò a raccomandare il libro, anche se – nonostante la conclusione positiva – non tutti i settori degli Stati Uniti fossero per questo esultanti. Il fatto importante fu che comunque la ricostruzione degli eventi del 1914 fatta dall’autrice aveva fornito un’occasione di significativa riflessione sulla politica internazionale in un momento di estrema tensione. Un negoziato duro e magari non soddisfacente nella conclusione diventa sempre e comunque preferibile a una guerra: questa almeno sembra la morale.
Perché ‘sonnnambuli’
Dopo Tuchman sono seguiti molti altri saggi dedicati alle cause della Prima Guerra mondiale e tra gli ultimi, pubblicato nel 2013, bisogna ricordare ‘I sonnambuli’ dello storico accademico Christofer Clark che dedica molta attenzione soprattutto alle vicende balcaniche. Gli eventi sono descritti acutamente e – come nel Libro della Tuchman – il lettore all’inizio stenta ad orientarsi tra re e principi, ambasciatori, ministri e generali.
I ‘sonnambuli’ sono loro: ognuno incurante del resto del mondo ha perseguito il proprio interesse particolare senza vedere il baratro. cadendo nella voragine come addormentato. Dopo una lunga e approfondita esposizione della politica internazionale, la storia che viene descritta – un po’ come in un fermo immagine cinematografico – diventa quella degli ultimi giorni di pace in un susseguirsi concitato di incomprensioni, di mancate risposte e controproposte destinare però a cadere nel vuoto.
Clark spiega dettagliatamente come i piani di guerra fossero pronti ovunque, elaborati con precisione dagli stati maggiori in tempo di pace e come le risposte politiche si trasformarono automaticamene in azioni militari. Da qui l’illusione diffusa tra tutti i belligeranti che la guerra sarebbe stata breve, ma non andò così. Un altro elemento presente in ambedue i libri è il ruolo marginale dell’Italia, piccola potenza con grandi velleità, ma risorse piuttosto limitate.
- Si aprì allora una contesa per ottenere l’alleanza con il paese, ma l’invocata neutralità si trasformò in trattative per ottenere da ciascuno dei campi belligeranti le migliori condizioni. La Germania promise molto per ripristinare la Triplice alleanza, ma senza consultare l’Austria che si infuriò: vinsero gli alleati franco-inglesi e seguì meno di un anno dopo il ‘maggio radioso’ che oggi, letto fuor di ogni retorica. fu semplicemente un azzardo.