02/09/2025
da Pagine esteri
Mentre con un’aggressività mai vista negli ultimi decenni, gli Stati Uniti tentano di imporre ad alleati e avversari i propri interessi a suon di sanzioni e minacce militari, l’ultimo vertice della “Shanghai Cooperation Organization” (SCO) ha evidenziato la capacità da parte della Cina di fare blocco contro quello che viene definito sempre più spesso il “bullismo globale” di Donald Trump.
La venticinquesima edizione dell’assemblea dell’organizzazione sovranazionale – forse la più importante dall’istituzione dell’organismo – è stata l’ennesima occasione per rivendicare il diritto delle potenze emergenti (definite la “maggioranza globale” dal leader russo) a difendere i propri interessi e ad esercitare la propria egemonia a livello globale contro i colpi di coda della grande potenza americana che si vuole “di nuovo grande” e non accetta un nuovo ordine mondiale che ridimensioni il proprio dominio.
Al vertice di Tianjin, Xi Jinping ha dimostrato la sua forza di attrazione – almeno quando si tratta di contrastare la strategia di Washington – all’insegna della bandiera del multilateralismo e della globalizzazione economica, riunendo venti paesi, tra i quali India, Russia, Bielorussia, Iran, Pakistan, Kazakhistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan.
In nome del contrasto nei confronti di Washington e della difesa delle proprie prerogative, si sono seduti l’uno accanto all’altro i leader di paesi spesso concorrenti se non nemici, come nel caso di India e Pakistan.
«Le regole di pochi Paesi non dovrebbero essere imposte ad altri», ha affermato il padrone di casa, alla presenza di Vladimir Putin e del primo ministro indiano Narendra Modi, consci che a loro il declino europeo apre maggiori spazi di egemonia a livello globale ma al tempo stesso accelera e inasprisce lo scontro con gli Stati Uniti.
Il leader cinese ha promesso ieri ai suoi ospiti il massimo impegno nell’opposizione all’aggressività di Trump, con la sua «mentalità da Guerra Fredda» e le sue «pratiche prepotenti».
«Dovremmo sostenere un mondo multipolare, equo e ordinato, una globalizzazione economica universalmente vantaggiosa e inclusiva e rendere il sistema di governance globale più giusto ed equo» ha detto il padrone di casa nel suo intervento di apertura del Forum, forte di una reazione cinese che ha obbligato Washington a fare marcia indietro quando qualche mese fa Washington ha tentato di imporre alla Cina dei dazi esorbitanti. All’epoca Pechino rispose con la stessa moneta, minacciando di mandare a gambe all’aria la fragile economia statunitense.
I vari leader, in particolare il presidente russo, hanno posto l’accento sulla necessità di una maggiore integrazione militare tra i membri dell’SCO e di istituire un nuovo “quadro di sicurezza” in Eurasia per realizzare un’alternativa alla Nato e rimpiazzare «gli obsoleti modelli eurocentrici ed euro-atlantici», impedendo così ad alcuni paesi di «cercare di garantire la propria sicurezza a spese degli altri».
Il protagonismo di Putin – fotografato mano nella mano con Modi – a Shanghai ha rappresentato l’occasione per dimostrare che Mosca, nonostante le sanzioni e l’ostracismo occidentale, non è sola, dopo che né Pechino né Nuova Delhi hanno rinunciato ad acquistare il petrolio e il gas russi dopo l’invasione dell’Ucraina ed anzi hanno fortemente implementato la collaborazione economica e militare con la Federazione Russa.
Da parte sua, Xi Jinping ha approfittato dell’occasione per perorare la causa di una maggiore espansione della “Nuova Via della Seta” e per chiedere l’adozione da parte dei paesi presenti del sistema satellitare Beidou, in alternativa al Gps. Ma agli interlocutori il presidente della Repubblica Popolare ha anche offerto quasi 300 milioni di dollari di sovvenzioni a fondo perduto fino alla fine del 2025 e 1,4 miliardi di prestiti ad un consorzio interbancario nei prossimi tre anni.
Il leader cinese ha anche annunciato l’istituzione di tre assi di cooperazione su energia, economia digitale ed industria tecnologica “green”, inserendo nella dichiarazione finale del summit chiusosi ieri l’invito alla creazione di una banca di sviluppo dell’organismo che valorizzi gli scambi commerciali nelle varie monete nazionali bypassando definitivamente il dollaro.
Fondata nel 2001 da Cina, Russia, Kazakhistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, la Sco ha un’influenza e una capacità di attrazione internazionale che “aumentano di giorno in giorno”, ha detto il capo di Stato cinese, ricordando come l’organismo sia arrivato a coinvolgere ben 26 Paesi.
Recentemente India, Pakistan, Iran e Bielorussia si sono aggiunti all’elenco dei membri permanenti, mentre Mongolia e Afghanistan partecipano ai lavori in qualità di osservatori. Il Laos si è aggiunto domenica alla lista dei partner esterni, che comprende già Sri Lanka, Turchia, Cambogia, Azerbaigian, Nepal, Armenia, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Maldive, Myanmar, Emirati Arabi Uniti e Bahrein.
Il presidente cinese ha sottolineato che dall’anno della sua fondazione, la quota del Prodotto interno lordo (Pil) mondiale garantita dai membri dell’organizzazione è raddoppiata, raggiungendo il 30%, con un interscambio commerciale intra-regionale che nel 2024 ha superato i 650 miliardi di dollari.
La “Dichiarazione di Tianjin”, approvata nel corso dei lavori, invoca la riforma delle Nazioni Unite per garantire un’adeguata rappresentanza delle economie in via di sviluppo, riafferma l’opposizione alle ingerenze negli affari interni dei singoli Paesi e l’uso o la minaccia del ricorso alla forza. Nel documento, i membri della Sco «condannano fermamente l’aggressione militare lanciata da Israele e dagli Stati Uniti contro l’Iran» lo scorso giugno.
Su Gaza il summit ha deciso invece di mantenere toni soft, limitandosi a difendere «la necessità di garantire l’ingresso di aiuti umanitari e di intensificare gli sforzi per garantire pace, stabilità e sicurezza» nella regione.