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‘Chi semina vento raccoglie tempesta’ pensato in cinese

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Non è un proverbio cinese, ma la delegazione di Pechino impegnata nei negoziati di Londra sui rapporti commerciali Usa-Cina ne ha fatto buon uso. Le cronache delle rivolte in California contro la politica anti-immigrazione di Trump hanno fatto da sfondo alle trattative tra le due delegazioni.

Il ‘pugno duro’ in affari non funziona

Minacce e pugno duro portano guai anche in affari, così che la due giorni di negoziato ha fatto tornare in vigore il patto siglato a Ginevra, dopo che entrambi avevano denunciato violazioni. Il Segretario al Commercio Howard Lutnick ha parlato di un’intesa siglata da una stretta di mano e il vice premier He Lifeng, ha confermato che le parti hanno raggiunto «un accordo di principio». Il tanto atteso vertice di Londra si è dimostrato una montagna che ha partorito il topolino. Per quanto manchino ancora i dettagli sul contenuto dell’accordo, tutto resta in sospeso. Emerge chiaramente la volontà delle parti di raffreddare la situazione.

Trumpismo dissennato

Determinanti le impasse su due questioni centrali: l’accesso degli Usa l’accesso a terre rare e minerali critici cinesi e per la Cina l’approvvigionamento di semiconduttori per l’intelligenza artificiale made in Usa. In sintesi, l’accordo di Londra rimanda ad un livello superiore del negoziato che dovrà far incontrare, prima o poi, i due pesi massimi Donald Trump e Xi Jingpin. Su come salirà sul ring il pugile Trump è tutto da vedere. La credibilità del presidente americano è fortemente dubbia e l’editoriale del quotidiano cinese Global Times, che annuncia l’accordo raggiunto a Londra, lo sottolinea: «La parte statunitense dovrà evitare di dire una cosa mentre ne fa un’altra».

Giorno dopo giorno contro le ‘mattane’

I mercati globali intanto fanno un po’ di festa, con le Borse asiatiche tutte in positivo e quelle europee in leggero rialzo. La ventata di ottimismo è sostenuta dall’altra buona notizia che suona come un punto a favore di Trump. La Corte d’appello Usa ha prolungato fino al 31 luglio la sospensione del blocco delle tariffe, che erano stati bocciate come illegali in primo grado da uno speciale tribunale federale sul commercio. «Nel breve termine siamo tutti vivi», sembrano dire i mercati, parafrasando l’ironia di Keynes sull’applicabilità dei modelli economici a lungo termine (nel lungo termine siamo tutti morti).

‘Medio termine’ da poter vivere?

Tra il breve dell’oggi e l’incertezza degli scenari futuri a lungo termine, i mercati cercano di orientarsi con un orizzonte di medio termine. Qui si possono individuare una serie di scadenze ed eventi che potrebbero determinare le condizioni di Trump in previsione dei prossimi passi del negoziato con la Cina.  I pronostici restano incerti in quanto tali, ma basandosi su ipotesi e indizi tra gli analisti sta aumentando il coro dei «l’avevamo detto». Infatti, lo scontro con Musk era stato ampiamente previsto. La logica dei numeri ha prevalso sulla narrazione e il crollo di 380 miliardi di dollari di Tesla, la più grande perdita del 2025 tra le principali aziende, sta portando il tecno-guru ad occuparsi a tempo pieno dei suoi affari.

Dopo Musk la rottura con chi?

Ora tocca alla Federal Reserve: circola già il nome di Scott Bessent, attuale Ministro del Tesoro e soldato fedele del presidente, come sostituto di Jerome Powell. La mossa rappresenterebbe un ulteriore attacco al cuore della democrazia a stelle e strisce che ha nella banca centrale il maggior punto di equilibrio dei poteri. Non è detto che i mercati si accontentino di tassi bassi a fronte delle conseguenze politiche che potrebbero seguire a un gesto autoritario come questo. Perché il mondo degli affari predilige la condizione del «business as usual», andare avanti come sempre si è fatto, senza troppi scossoni.

Legge finanziaria e i ‘Matusalem bond’

Nel frattempo, dovrà essere approvata la nuova manovra della legge finanziaria che costringerà a puntare il faro sull’enorme voragine del debito statunitense che potrebbe salire di oltre 3.300 miliardi di dollari nel prossimo decennio. La sfida degli architetti della Trumponomics è di convertire una parte consistente dei titoli a breve e medio termine detenuti dagli investitori esteri in obbligazioni ultra-lunghe, i cosiddetti “matusalem bond”, per allungare l’orizzonte del debito e concentrarsi sul pagamento degli interessi, più che sulla restituzione del capitale. Ma riscrivere le regole della finanza pubblica di uno Stato richiede tempi e modi.

Regole di Trump riscritte a convenienza

  • La differenza con una potenza come la Cina è proprio sui tempi di realizzazione dei rispettivi progetti. Il mandato di Trump ha una scadenza, quello del Partito Comunista cinese no. Collegato ai problemi della finanza pubblica s’intravede un’altra scadenza all’orizzonte, la regolamentazione sulle riserve monetarie digitali. La questione delle criptovalute è un altro dossier aperto sul ring dove si appresta a combattere Trump.
  • Il confine tra conflitto d’interesse e corruzione è ormai diventato assai labile. Le conseguenze potrebbero aumentare il coro dei «l’avevamo detto».

12/06/2025

da Remocontro

Valerio Sale

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