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Binario 21: Milano non dimentica la violenza nazifascista

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Il Binario 21 da cui partivano i vagoni piombati per Auschwitz, l’Hotel Regina sede delle SS, la Villa Triste dalle parti di San Siro, dove la banda Koch torturava i partigiani. Dal Binario 21 partì anche la senatrice Liliana Segre che insignita oggi di una laurea honoris causa dice "Il problema fu l'indifferenza, che non è legata al sole o al colore del mare, ma al buio delle menti"

Dal binario 21 della stazione Centrale di Milano, dal dicembre 1943, cominciarono a partire i treni carichi di ebrei e di oppositori politici verso Auschwitz-Birkenau e altri lager (Mauthausen, Ravensbrück, Flossenbürg, Fossoli e Bolzano). I vagoni piombati, con il loro carico umano, venivano agganciati due piani sotto, nei sotterranei dove correva una rete di binari adibita allo smistamento del servizio postale, poi ripristinata nel dopoguerra e funzionante fino a non moltissimi anni fa.

I convogli, nascosti alla vista dei normali viaggiatori, si formavano nei cunicoli bui, spingendo a calci e bastonate i deportati sui vagoni, poi spostati in superficie tramite elevatori. Furono oltre 1.500 le persone caricate a forza dai repubblichini al servizio dei nazisti. Gran parte di loro non tornò più. Prima ancora, questo agghiacciante trasporto era stato assicurato da un’azienda di autolinee di Pavia che faceva la spola con il campo di concentramento di Bolzano e l’Austria. Una foto del tempo ritrae il conducente sorridente davanti la corriera. Per i suoi “meriti” sotto il fascismo fu anche insignito di una “benemerenza”. In origine il binario 21, prima dell’inversione numerica, era il binario 1, appositamente riservato all’accoglienza dei Savoia a Milano. Fu anche allestita un’ampia ed elegante sala “Regia”, decorata durante il ventennio con una svastica ancora oggi visibile tra i mosaici. Dal 27 gennaio 2013 l’originario binario 21, posto nei sotterranei, è parte del Memoriale della Shoah, visitabile.

La prima strage di ebrei

La lunga notte di Milano iniziò con l’ingresso, il 10 settembre 1943, dei primi granatieri della divisione corazzata delle Waffen-SS Leibstandarte Adolf Hitler (letteralmente “Guardia del corpo di Adolf Hiltler”). Un corpo d’élite che solo pochi mesi prima, a Geigova, nella ritirata di Russia, si era macchiato dello sterminio di quattro mila prigionieri russi per rappresaglia, e nel volgere di pochi giorni, dopo aver varcato il confine italiano, compiuto il massacro di Boves in provincia di Cuneo, 25 le vittime inermi.

Gli stessi che tra il 15 e il 23 settembre trucideranno per odio razziale oltre che per rapinare i loro beni, 54 ebrei sfollati sul lago Maggiore, tra Stresa, Baveno, Meina e Arona. Alcuni di loro erano addirittura giunti in Italia da Salonicco, per scampare alla ferocia tedesca. La strage del Verbano fu il primo eccidio di ebrei compiuto in Italia.

L’Hotel Regina

Già a partire dal 13 settembre a Milano entrò in funzione la struttura delle SS naziste, guidata dal capitano Theodor Saewecke, direttamente dipendente dal colonnello Rauff, capo del comando interregionale della “Polizia e servizio di sicurezza”, la cosiddetta Sipo-Sd, che comprendeva Piemonte, Liguria e Lombardia. Walter Rauff era stato l’inventore dei “camion della morte” in Polonia e Russia che anticiparono le camere a gas, 90mila le vittime. La sede del comando interregionale e milanese fu installata in pieno centro, a pochi passi da piazza Duomo, all’Hotel Regina, un edificio con due ingressi, in via Santa Margherita e in via Silvio Pellico. Oggi l’albergo non esiste più. Al suo posto gli uffici di alcune società finanziarie.

San Vittore

Il penitenziario di San Vittore passò sotto la gestione delle SS e la prima richiesta al Questore di Milano, Domenico Coglitore, fu di consegnare gli elenchi degli antifascisti e degli ebrei. Il carcere, sorto sull’antico convento dei Cappuccini, si riempì rapidamente, Due dei suoi sei bracci, il IV, il V, furono destinati ai detenuti politici, il VI agli ebrei. A dirigerlo inizialmente il maresciallo Helmuth Klemm, poi il caporalmaggiore Franz Staltmayer, detto “la belva”, sempre con il frustino e un’inseparabile cane lupo. Tra il settembre 1943 e il 12 aprile 1945 su un totale di 18.828 arrestati, 4.982 furono deportati in Germania. A ricordare orrori e sofferenze una targa murata sull’ingresso di via Filangieri 2, posta il 25 aprile 1965 dall’allora sindaco Pietro Bucalossi.

Via Rovello e via Tivoli

Ma non erano solo le SS ad arrestare. Almeno nella metà dei casi, come risultò dagli stessi registri, furono le organizzazioni fasciste e le molte polizie politiche a consegnare i prigionieri ai tedeschi, tra loro la Legione Muti, la X Mas, le Brigate nere e la banda Kock. Almeno otto furono i corpi investigativi che operarono indipendentemente l’uno dall’altro con proprie carceri. In via Rovello 2, attuale sede del Piccolo Teatro, un tempo cinema Fossati, la Legione Muti istituì la propria caserma comando. A dirigerla Francesco Colombo, un pregiudicato per reati comuni nominato vicequestore dal ministro degli Interni. In via Tivoli si trovava invece la caserma Salinas. A dirigerla il capitano Pasquale Cardella, lo stesso che guidò il plotone d’esecuzione in piazzale Loreto, il 10 agosto 1944, per fucilare 15 patrioti. Al posto dell’edificio in via Tivoli, trasformato nel dopoguerra nell’istituto scolastico Schiapparelli, si trova ora solo un giardino, davanti al teatro dedicato a Giorgio Strehler.

Villa Triste

Tutta Milano era disseminata di comandi e caserme. Alcune piazze e vie hanno poi cambiato nome. Il “Servizio sicurezza” delle SS si trovava in corso Littorio 10. Divenne corso Matteotti. L’ufficio stampa e propaganda della X Mas, era alloggiato all’albergo Nord, accanto al comando della Wermacht, in piazza Fiume, ribattezzata dopo la Liberazione piazza della Repubblica.

Ma è lontano dal centro che bisognava andare per rintracciare il covo della banda Koch, a Villa Triste, così soprannominata per le torture che vi si infliggevano, in via Paolo Uccello, dalle parti di San Siro. Una villa storica. Qui nel 1821 il conte Giuseppe Pecchio organizzò una riunione per richiedere l’intervento di Carlo Alberto contro gli austriaci. Un confidente della polizia li denunciò. Federico Confalonieri e altri patrioti finirono nel carcere dello Spielberg. La proprietà passò a Temistocle Fossati e la villa fu considerata monumento nazionale. Nel giugno del 1944 vi si installò Pietro Koch, proveniente da Roma, dove aveva gestito un “Reparto speciale della polizia repubblicana”, con sede prima in via Tasso, poi alla pensione Jaccarino in via Romagna, ma soprattutto aveva fornito un elenco di nomi ai nazisti per la strage alle Fosse Ardeatine. Sul cornicione della costruzione furono installati 24 riflettori e nei sotterranei allestite cinque celle.

In qualche periodo vi furono stipate fino a un centinaio di persone. Le urla dei seviziati si sentivano fin dalla strada. Ci furono proteste da parte della popolazione. Alla fine, il 24 settembre 1944, quasi solo per ragioni di lotta intestina fra le diverse bande fasciste, Villa Triste fu chiusa. La famiglia Fossati, saputo dello scempio avvenuto, decise di non abitarla più.

29/01/2024

da Left

Saverio Ferrari

In occasione della giornata della memoria riproponiamo questo articolo di Saverio Ferrari dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre  uscito su Left il 25 gennaio 2019

La foto è di Fcarbonara