Così il Paese è diventato la discarica bellica europea. Le forniture militari inadeguate arrivate anche dall'Italia hanno causato molte perdite umane
Da qualche tempo nella stampa internazionale vengono esposti forti dubbi sulla qualità delle armi europee fornite a Kiev per portare aventi la guerra per procura della Nato. Di questa guerra, si sa, pagano le spese centinaia di migliaia di famiglie ucraine che hanno perso i loro cari, ma gioiscono le aziende belliche. Tuttavia l’aspetto sinistro è che questo stillicidio avvenga anche a causa di un supporto a volte pressappochista a volte calcolato fornito dagli alleati del “padrone” americano.
L’Italia di Meloni, Crosetto e Co ha ceduto a costo zero a Kiev diversi armamenti che sul campo hanno dimostrato impressionanti lacune, così come avvenuto per altri Paesi europei. Certo, verrebbe da dire, se le armi sono state “regalate” non è un problema. Il problema c’è, invece, perché quando un’arma si rivela un giocattolo, come quelle italiane, sul campo di battaglia questo si traduce in migliaia di morti. Come avviene in Ucraina.
L’Italia nella prima metà del 2023 ha fornito a Zelensky vari pezzi di artiglieria M109. Questi pezzi di artiglieria risalgono agli anni Sessanta del secolo scorso e sono mezzi ormai obsoleti e praticamente pezzi da museo. Tuttavia deve essere sfuggito a qualcuno dei nostri “strateghi” che in Ucraina si combatte un conflitto ibrido ad alta intensità, nel quale l’utilizzo di mezzi come i droni e tools come l’Intelligenza artificiale è all’ordine del giorno. Infatti da febbraio a giugno 2023 l’Ucraina ha subito fra le più devastanti sconfitte della guerra, in special modo grazie alla superiorità dell’artiglieria russa.
Ma da un punto di vista economico tuttavia non c’è da preoccuparsi: le imprese belliche hanno comunque ottenuto pesanti guadagni con la rimessa in funzione dei pezzi semoventi, che sono risultati inferiori a quelli russi ma che sono costati comunque un bel po’ ai contribuenti europei.
La vicenda dei carri Leopard tedeschi poi non è stata meno ridicola: la Germania e altri Paesi hanno concesso un bel numero di questi carri a Kiev dietro un accordo che ha fatto la fortuna anche di un’azienda belga, la Versluys.
Questa ditta acquista armamenti in dismissione con la speranza che vengano prima o poi riacquistati da governi che necessitano di vecchi equipaggiamenti militari o che necessitano di pezzi di ricambio. Questa volta le casse dei venditori di armi rottamate sono state rimpinguate da paesi europei e in certi casi dai paesi stessi che avevano ceduto i vecchi carri per poco denaro. Ma questo, pur essendo già di per sé imbarazzante e ridicolo, non è tutto: i Leopard al fronte sono stati un devastante flop. Questi carri appaiono, secondo la testata “Spectator”, particolarmente vulnerabili indovinate a che cosa? Ai droni… ma chi se lo aspettava che nel teatro bellico ucraino venissero utilizzati i droni? Certo non lo stato maggiore tedesco, certo non gli “strateghi” europei.
I sistemi d’arma SAMP/T per la difesa aerea forniti dall’Italia all’Ucraina sono stati infine la ciliegina sulla torta della tragicomica vicenda, almeno sinora. Questi sistemi d’arma missilistici tanto invocati dal ministro Crosetto e che avevano dato adito la scorsa estate ad un siparietto abbastanza inquietante del governo sono tornati alla ribalta, a sentire alcune testate, per la loro inefficienza. Ma andiamo con ordine.
Nell’estate 2024 l’Italia cede all’Ucraina ben due sistemi d’arma (e già qui verrebbe da ridere). Nel mese di agosto Crosetto si scaglia contro le aziende italiane colpevoli di non essere in grado di approntare in tempi utili il secondo sistema da inviare in Ucraina. Le ditte italiane avrebbero dovuto lavorare, per il ministro della Difesa, ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette. Questo per soddisfare la sua impellenza di “dover consegnare questi sistemi d’arma” tanto risolutivi. A settembre Delmastro, sottosegretario alla Giustizia dello stesso governo Meloni, aveva affermato che la consegna era in realtà in anticipo. Viene da chiedersi perché Delmastro, che si occupa di giustizia abbia risposto sulla questione, e perché l’uno contraddicesse apertamente l’altro. Tuttavia questo governo che alla contraddizione quanto alla recitazione ci ha abituato non può certo stupirci con questo gustoso teatrino estivo.
A nemmeno un anno dalla tanto agognata fornitura però in Ucraina si accorgono che la catena logistica di fornitura del munizionamento è inefficiente e i sistemi risultano pressoché inutilizzabili e comunque che i sistemi sono, per resa, nettamente inferiori a varie altre tipologie di armamento similari, come ad esempio i Patriot USA. Nel frattempo Kiev è sotto il bombardamento dei droni russi e i civili ucraini muoiono, ma non rileva molto per chi ha intascato i soldi della rimessa in pristino dei sistemi SAMP/T.
Purtroppo l’assenza di strategia politico militare di Paesi come l’Italia e dei loro decisori politici, oltre ad un calcolo nella fornitura di armi obsolete teso a svuotare i magazzini e i depositi dove venivano accatastati dall’esercito pezzi di artiglieria come l’M109L ha compromesso le sorti della guerra. La Russia da sola ha dimostrato una superiorità strategica, militare e un adattamento economico che i Paesi della Nato sono ben lungi da avere. L’Ucraina e soprattutto Zelensky, fidandosi dei loro “alleati” occidentali sono stati il mezzo e la carne da cannone di una guerra per procura di Washington che poi hanno perso. I vantaggi strategici russi sono ormai consolidati e dovranno essere riconosciuti al tavolo della pace. Detto come deve essere detto l’Ucraina, dopo la devastante débâcle afgana è l’ennesima disfatta della Nato e umiliazione degli obbedienti alleati di Washington.
La frammentazione del diritto internazionale ha permesso a Stati dalla politica ambigua come l’Italia e la Germania di far prosperare le proprie industrie belliche cedendo materiale pressoché scadente al condiscendente Zelensky e del tutto non adatto al teatro, condannando l’Ucraina.
14/05/2025
da Left
Francesco Valacchi L’autore: Francesco Valacchi è cultore della materia, dottore di ricerca in scienze politiche all’Università di Pisa. Si occupa di geopolitica, con particolare riguardo all’area asiatica. Il suo ultimo libro è A nord dell’India, storia e attualità politica del Pakistan (Aracne)