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Aiuti al sole e distrutti mentre Gaza soffre la carestia e la sete

Aiuti al sole e distrutti mentre Gaza soffre la carestia e la sete

Solo rifiuti Israele nega la crisi. Un ex dipendente della americana Ghf conferma: i soldati sparano sui palestinesi affamati. Hamas: senza il latte in polvere, 200mila neonati e bambini sotto i due anni rischiano di morire

Tonnellate di cibo, medicine e generi di prima necessità sono state distrutte e seppellite dall’esercito israeliano perché si erano deteriorate dopo essere rimaste troppo a lungo al valico di Kerem Shalom, senza poter essere distribuite a Gaza. Una notizia sconvolgente, tenendo presente che due milioni di palestinesi nella Striscia non hanno cibo a sufficienza: molti non mangiano per giorni, mentre cresce il numero delle vittime – spesso bambini – di malnutrizione e fame (almeno 122). A riportarlo è stata la tv pubblica israeliana, Kan, che, citando fonti militari, ha riferito che gli aiuti distrutti corrispondevano al carico di ben 1.000 autocarri. «Ancora oggi ci sono migliaia di pacchi esposti al sole e, se non verranno trasferiti nella Striscia di Gaza, li distruggeremo», ha avvertito una fonte militare.

IL REPORTAGE, PIÙ CHE sottolineare la gravità di quell’enorme spreco di fronte ai bisogni della popolazione di Gaza, ha voluto scaricare ogni responsabilità da Israele e prendere di mira le Nazioni unite, che pure sono boicottate e ostacolate in ogni modo dal governo Netanyahu. Non sorprende, tanti media israeliani sottolineano il presunto ruolo «positivo» della Ghf, la fondazione americana alla quale Tel Aviv ha affidato un insostenibile meccanismo di distribuzione di pacchi alimentari, alla base delle stragi quotidiane che, da maggio, hanno provocato un migliaio di vittime palestinesi. Eppure, in un’intervista alla Bbc, Anthony Aguilar, un ex Berretto Verde e poi contractor americano che ha lavorato per qualche settimana per la Ghf a Gaza, ha dichiarato di aver assistito a brutalità indiscriminate contro i civili palestinesi e a spari da parte dei soldati israeliani – «anche da un carro armato» – e dei suoi ex colleghi, direttamente sulle persone in attesa degli aiuti alimentari. Aguilar considera quelle uccisioni «senza alcun dubbio dei crimini di guerra».

Israele smentisce la carestia. Ieri il portavoce del governo, David Mercer, è tornato a ripetere che la catastrofe umanitaria denunciata da governi, capi di Stato e da decine di agenzie dell’Onu e Ong internazionali, è «artificiale». Le scene di adulti e bambini ridotti pelle e ossa – come quelle del piccolo Mohammad e di sua madre Hedaya Mutiwy, viste in tutto il mondo qualche giorno fa – non sarebbero altro che il frutto di una «campagna mediatica» pianificata dai dirigenti di Hamas. I media rilanciano la stessa narrazione. Il portale Ynet, ad esempio, ieri ha ridimensionato il significato delle immagini di un autocarro assaltato da una folla di affamati nei pressi del Corridoio Morag, nel sud della Striscia. La lettura, non solo governativa, della situazione a Gaza contrasta però con quella delle migliaia di israeliani che venerdì e ieri sera hanno manifestato di nuovo a Tel Aviv e in altre città per chiedere la fine della guerra, della fame e delle sofferenze nella Striscia, oltre al rilascio degli ostaggi.

PRESE DI MIRA, le Nazioni unite denunciano come l’esercito israeliano non faccia seguire azioni concrete alle sue affermazioni pubbliche: mentre dichiara che non ci sono restrizioni agli aiuti, sul terreno pone invece impedimenti burocratici e altri ostacoli che consentono solo una distribuzione con il contagocce. Quando invece sarebbero necessari almeno 600 camion di aiuti al giorno per iniziare a fronteggiare la crisi umanitaria a Gaza. Diversi funzionari dell’Onu contestano la probabile ripresa dei lanci di aiuti dal cielo, con il paracadute. L’idea piace soprattutto al premier britannico Starmer, che pensa di attuarla con l’aiuto della Giordania. Il capo dell’agenzia per i profughi Unrwa, Philippe Lazzarini, avverte che i lanci da aerei ed elicotteri «non servono a fermare la crescente carestia… sono costosi, inefficienti e possono uccidere i civili affamati». Nei mesi scorsi, diversi palestinesi – tra cui bambini – furono colpiti e uccisi da pesanti pacchi alimentari. Non pochi aiuti finirono in mare.

LA CATASTROFE SI AGGRAVA. Ieri il ministero della Sanità di Gaza ha pubblicato la foto di una neonata di sei mesi, Zeinab Abu Halib, ridotta a uno scheletro. E si moltiplicano sui social gli appelli a sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Il governo di Hamas lancia l’allarme: è a rischio la vita di 100.000 bambini sotto i due anni, a causa della mancanza di latte in polvere e di integratori alimentari. La tregua è saltata ancora una volta dopo la decisione di Israele di richiamare la sua delegazione a Doha a causa, afferma, dell’«egoismo» di Hamas che non ha permesso di raggiungere l’accordo per lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri politici palestinesi. Si fanno insistenti le voci secondo cui Israele – e forse anche gli Stati Uniti – sarebbero pronti a lanciare nuove offensive e incursioni militari nella Striscia, allo scopo di liberare gli ostaggi con la forza e non con la trattativa. In quella direzione vanno le recenti dichiarazioni dell’inviato americano Steve Witkoff e del premier Netanyahu sull’impiego di «modi alternativi» per liberare gli ostaggi. Trump ha commentato che «siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo finire il lavoro». L’ala militare di Hamas avrebbe ricevuto l’ordine di monitorare qualsiasi movimento sospetto volto a rintracciare gli ostaggi (20 sono ancora vivi, 30 sono deceduti) e minaccia di giustiziarli in caso di un attacco israeliano.

27/07/2025

da Il manifesto

Michele Giorgio

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