ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Diminuite le vittime di guerra, ma aumentati gli afgani che non hanno risorse per curarsi

Diminuite le vittime di guerra, ma aumentati gli afgani che non hanno risorse per curarsi

Il 15 agosto 2021 l’Afghanistan ha assistito alla salita al potere dei talebani; EMERGENCY con i suoi 3 ospedali, un Centro di maternità e 42 Posti di primo soccorso e centri di salute primaria ha continuato a lavorare per assistere i feriti, ed è rimasta in Afghanistan testimoniando in questi due anni la grave situazione in cui versa il Paese tra le conseguenze di una guerra più che ventennale, la crisi economica, l’aumento della povertà e la scarsità di servizi essenziali.

Negli ultimi due anni, dall’abbandono del Paese da parte delle forze internazionali e dall’instaurazione del governo talebano in Afghanistan, EMERGENCY ha effettuato 249.722 visite e oltre 41mila ammissioni negli ospedali di Kabul, Lashkar-gah, Anabah; più di 700.000 le consultazioni nei suoi 42 Posti di primo soccorso e Centri sanitari di base.

Diminuiscono le “vittime di guerra” ma aumenta chi non riesce a curarsi per ragioni economiche.

Subito dopo agosto 2021 si è iniziato a parlare della tragica crisi economica in cui versa il Paese. La popolazione non riesce più ad accedere a beni e servizi essenziali, tra questi le cure sanitarie. Lo testimoniamo direttamente nei nostri centri dove rispetto al 2022 abbiamo visto cambiare la tipologia di pazienti in entrata. Meno feriti ‘di guerra’ ma tanti afgani che - se non venissero da noi ricevendo cure e medicinali gratuitamente - rischierebbero la vita.

Quasi 29 milioni di persone nel Paese necessitano di aiuti umanitari

A inizio 2023 l’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite aveva stimato che sarebbero stati 28.3 milioni gli afgani bisognosi di aiuto umanitario. Ora quel numero ha quasi raggiunto i 29 milioni; il 77% sono donne e bambini.

A marzo 2023 EMERGENCY insieme a CRIMEDIM ha pubblicato il report “Accesso alle cure in Afghanistan: la voce degli afgani in 10 province” che scatta una fotografia della situazione sanitaria nel Paese dopo il cambio di governo ad agosto 2021.
La ricerca è stata effettuata in 20 delle sue strutture nelle 10 province in cui opera, attraverso la somministrazione di questionari e interviste a oltre 1.800 persone tra pazienti e staff sanitario di EMERGENCY e degli ospedali pubblici.

Le donne rappresentano una delle fasce più vulnerabili, in particolare nella gestione della gravidanza: la mancanza di mezzi di trasporto sicuri ed efficienti, l’assenza di cliniche che offrano cure ostetriche per le future mamme nelle zone rurali e la diminuzione del potere d’acquisto, rende la possibilità di accedere a cure tempestive ed efficaci per le afgane ancora più precaria.

In un Paese che dipendeva da aiuti internazionali per il 75% della sua spesa pubblica l’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite ha stimato che 17.6 milioni di afgani avranno necessità sanitarie gravi o estreme.

Diritti delle donne

Nell’ultimo anno hanno suscitato grande attenzione e apprensione le decisioni prese dal governo circa la sfera dei diritti delle donne.

Il 20 dicembre 2022, il ministro dell’istruzione superiore afgano ha annunciato il divieto per le donne di frequentare l’università, mentre il 24 dicembre, il ministero dell’economia ha annunciato il divieto per le donne afgane di lavorare con organizzazioni non governative, sia nazionali che internazionali.

In un Paese già lacerato da una gravissima crisi economica e umanitaria, negare l’istruzione alle ragazze significa privare l’Afghanistan di risorse future che potrebbero rafforzare l’economia, la salute pubblica e la stabilità. Allo stesso modo proibire l’impiego nelle ONG riduce la possibilità per le fasce vulnerabili della popolazione di essere raggiunte e di vedere riconosciuti i propri bisogni e i propri diritti. Il personale sanitario non rientra nel provvedimento previsto dalla legge e le nostre colleghe continuano a lavorare con noi, ma crediamo sia comunque fondamentale che le autorità riconsiderino queste decisioni per permettere alle donne di continuare a contribuire allo sviluppo del loro Paese.

Stefano Sozza, Country Director di EMERGENCY in Afghanistan

Nel suo staff EMERGENCY conta 377 donne afgane, in particolare il Centro di Maternità e neonatologia ad Anabah, nella Valle del Panshir, è completamente gestito da donne: 187 tra ostetriche, ginecologhe, pediatre, infermiere e non sanitarie.

In questi due anni EMERGENCY non ha smesso di lavorare alla formazione dello staff locale, anche femminile, con corsi di specializzazione nelle proprie strutture; al momento sono attivi residency program in chirurgia, anestesia e rianimazione, ginecologia e pediatria grazie ai quali potranno essere formati nuovi specialisti.

C’è il rischio che l’anno prossimo l’Afghanistan non venga più considerato un’emergenza prioritaria e, di conseguenza diminuirebbero anche i fondi per il Paese, non ci aspettiamo quindi che la situazione migliorerà, anzi rischieremo di dimenticare ancora di più quella che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha definito ‘la crisi umanitaria più grave del mondo’. Oggi più che mai è importante non dimenticare questo Paese e la sua popolazione: non possiamo sapere cosa accadrà in futuro, ma lasciare gli afgani da soli e isolare l’Afghanistan non aiuterà di certo a ricostruire ciò che è stato distrutto in 20 anni di guerra”.

Stefano Sozza, Country Director di EMERGENCY in Afghanistan

Storie dai Centri di EMERGENCY

Mohammad Reza ha 60 anni, stava raccogliendo a terra vecchi oggetti metallici da rivendere. Ha toccato una mina; ha perso due dita. È stato portato in un ospedale dove ha ricevuto alcune cure, ma lì ha trascorso solo una notte perché i trattamenti e il ricovero costavano troppo per lui. Poi ha scoperto il Centro chirurgico per vittime di guerra di EMERGENCY a Kabul. “Mi avevano detto che avrei ricevuto cure senza pagare nulla. Ero dubbioso, ma ci sono andato. Sono davvero felice, mi sento a mio agio e al sicuro, ‘come un bambino nella pancia della mamma’”, racconta sorridente. L’unica cosa che lo preoccupa è il suo futuro: “Sono povero e non potrò ricominciare a lavorare, come tornerò alla vita normale?”.

Bibi Hajar è stata ricoverata nel Centro di maternità di EMERGENCY ad Anabah con una diagnosi di acidosi metabolica a termine di gravidanza. Ha 40 anni e vive a Parian (2500 metri sopra al livello del mare). Ha tre figli maschi e 4 figlie femmine. Ha sposato suo marito quando aveva 11 anni ed è subito diventata madre. Lei si occupa degli animali e suo marito guadagna trasportando pietre. A causa della crisi economica non hanno molti soldi, e quindi poco da mangiare. Bibi perciò non ha mangiato per molti giorni fino a sviluppare la patologia che l’ha portata a farsi ricoverare. Dopo tanti sforzi sia economici che fisici è riuscita a raggiungere il Centro dove ha partorito il suo bambino ed è stata curata.

Farah è un’ostetrica, ha 25 anni e lavora nel Centro di maternità di EMERGENCY ad Anabah da 5 anni. Nonostante la giovane età è una delle capoturno della maternità. Ha sulle proprie spalle la responsabilità di tutto quello che succede nel suo turno. Farah ha due fratelli e due sorelle e quando il padre le ha chiesto se nella vita si volesse sposare o volesse continuare a studiare lei ha risposto con fermezza di voler continuare a studiare. Dopo le scuole si è laureata in ostetricia ma non le è bastato e ha continuato a studiare. Si è laureata in medicina ed ora vorrebbe entrare alla scuola di specialità in ostetricia e ginecologia del Centro di maternità di EMERGENCY in Panshir. A chi le chiede se è stanca risponde: “Non si è mai stanchi per aiutare le persone”.