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Non solo il concorso esterno, Nordio sta attuando le riforme di Berlusconi. L’intervista al magistrato antimafia Di Matteo

Non solo il concorso esterno, Nordio sta attuando le riforme di Berlusconi. L’intervista al magistrato antimafia Di Matteo

Parla il magistrato antimafia Nino Di Matteo: "La forza dei clan in Italia è il rapporto con la politica".

Oggi 19 luglio si commemora Paolo Borsellino nel pieno della discussione della riforma della Giustizia voluta da ministro Nordio. Dottor Nino Di Matteo, che aria si respira?
“Un’aria da una parte particolarmente infuocata e dall’altra insidiosa perché poco decifrabile. Tutti fanno a gara per rivendicare la possibilità di fare memoria o, addirittura, appropriarsi della memoria di Paolo Borsellino. Di fatto ci sono sicuramente cittadini, studenti, giovani e associazioni come le Agende Rosse animati dalla voglia di verità e giustizia. Spero che lo siano anche tutti gli altri. Temo che non lo siano coloro che attaccavano Falcone e Borsellino in vita definendoli politicizzati, protagonisti e in cerca di vantaggi di natura politica oppure definendoli sceriffi. Sono quelli che oggi utilizzano le stesse armi e lo stesso argomentare nei confronti di alcuni magistrati, tentando di contrapporre l’esempio di Falcone e Borsellino – che hanno denigrato – all’azione dei magistrati che vogliono esercitare autonomamente il proprio ruolo. L’aria è questa”.

Attraversiamo un momento difficile?
“Un momento difficile proprio perché mentre si rivendica anche da parte di autorevoli esponenti politici e di governo il diritto di commemorare Paolo Borsellino – e ci mancherebbe altro – dall’altra parte si continua a ignorare quello che fu un grido di dolore di Paolo Borsellino, alcuni anni prima di morire, quando nel momento in cui veniva interpellato sulla gravità dei rapporti tra mafia e politica disse che il dramma di questo Paese è che se non c’è reato, se non c’è la possibilità di far valere la responsabilità penale, non scatta nessun altro tipo di responsabilità, politica anche per comportamenti gravi e accertati”.

Qualcuno lo chiama garantismo…
“Ogni volta che emerge una contiguità maggiore la politica reagisce sempre affermando che bisogna aspettare la sentenza definitiva dei giudici ma è proprio questo il dramma di cui parlava Borsellino: la responsabilità giuridica è una cosa (e risponde al principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva) ma quella politica dovrebbe scattare prima e a prescindere, sulla base di fatti già accertati. Io credo che quello che continua ad accadere nel nostro Paese sia la più clamorosa smentita all’auspicio di Borsellino”.

Il governo però dice di ispirarsi proprio a Borsellino…
“Ci sono state situazioni, anche negli ultimi mesi, che hanno riguardato non solo le riforme ma anche annunci di riforme che sono stati più volte esternati, in particolare dal ministro Nordio, in senso diametralmente opposti rispetto a quello che Borsellino e Falcone auspicavano. Quando si parla di concorso esterno come un reato evanescente, come ha recentemente detto Nordio, si finge di dimenticare che fu Borsellino con Falcone a utilizzare quello strumento per indagare Ciancimino. Si finge di dimenticare che la vera forza della mafia è creare, mantenere e alimentare rapporti con la politica. Si finge di dimenticare che politici come Dell’Utri e Cosentino sono stati e continuano a essere colpiti con lo strumento del concorso esterno”.

E sulle intercettazioni?
“Quando si dice, com’è stato detto dal ministro Nordio, che non servono a nulla perché i mafiosi non parlano al telefono si ignora o si finge di ignorare una realtà che negli ultimi anni ha visto la gran parte dei processi di mafia alimentarsi attraverso l’utilizzo delle intercettazioni”.

Si rischia un indebolimento dell’azione antimafia?
“Noi abbiamo una legislazione antimafia che il resto del mondo ci invidia, che molti Stati Ue e extra Ue vorrebbero copiare. Il paradosso è che quegli strumenti oggi in Italia vengono sempre più messi in discussione. E se l’andazzo continua a essere questo non mi stupirei se nei prossimi anni verrà messo in discussione altro, come il 41 bis o l’istituto dei collaboratori di giustizia. Per capire il momento che stiamo vivendo dal punto di vista delle riforme approvate o annunciate bisogna guardare a quello che è accaduto negli ultimi anni e quello che può accadere nei prossimi anni. Questo mi preoccupa perché non mi sembra che – tranne poche e lodevoli eccezioni – dal punto di vista dell’opposizione politica ci sia approfondita sensibilità e conoscenza di questi pericoli. Sono tendenze che si sono manifestate già con la riforma Cartabia e con la riforma Nordio rischiano di consolidarsi per assenza di una possibilità e capacità di spiegare bene ai cittadini quali siano i rischi che si corrono”.

Marina Berlusconi ha dipinto il padre come “un perseguitato”. Che ne pensa?
“Alcune cose sento il dovere di dirle: la prima è che più si vanno delineando i progetti di riforma del ministro Nordio più mi sembra che vadano nel senso dell’attuazione del programma fondativo di Forza Italia. Questo governo a mio avviso rischia di portare a termine una serie di progetti di riforma che nemmeno i governi Berlusconi sono riusciti a portare a compimento. La seconda cosa che voglio dire è che andrebbe ricordato comunque un dato consacrato in una sentenza definitiva, quella che ha condannato Marcello Dell’Utri: Berlusconi tramite Dell’Utri stipulò nel 1974 un patto di “reciproca protezione” con Cosa nostra. Patto mantenuto secondo la sentenza almeno fino al 1992 e che ha comportato che ogni anno Berlusconi con le sue imprese versasse centinaia di milioni di lire nelle casse di Cosa nostra che in quegli anni uccise Chinnici, Falcone, Borsellino, Mattarella, Dalla Chiesa e organizzò stragi. Fa una certa impressione constatare che questo dato consacrato in sentenza sia ignorato da buona parte dei cittadini a causa di un’informazione che è stata nelle migliore delle ipotesi carente. La terza cosa che mi sento di dire è che mi auguro che i colleghi che oggi sono additati come persecutori politici vengano difesi nella loro onorabilità personale e professionale da chi ha il dovere di difenderli e tutelarne la reputazione e l’autonomia, mi riferisco non soltanto all’Anm ma anche al Csm che ha il dovere di tutelare ogni singolo magistrato dagli attacchi alla sua libera determinazione che provengono dall’esterno e dall’interno della magistratura”.

19/07/2023

Abbiamo ripreso l'articolo

da La Notizia

di Giulio Cavalli