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Cisgiordania occupata, su Jenin guerra con droni e unità speciali

Cisgiordania occupata, su Jenin guerra con droni e unità speciali

«Durerà qualche giorno» dicono le autorità israeliane, all’attacco da domenica notte e dopo 8 morti e 80 feriti spesso gravi. 500 famiglie palestinesi costrette a lasciare le loro case. L’impiego di raid aerei e l’avanzata dentro e intorno al campo profughi di enormi ruspe militari che hanno spaccato strade, rete idrica e fognaria, schiacciato automobili e danneggiato edifici, è qualcosa che Jenin non vedeva da più di venti anni.

Jenin peggio del 2002

«Allora fu Muraglia di difesa». Dall’assedio del 2002 quando metà del campo profughi fu distrutto durante l’operazione israeliana. Ma ieri Jenin assomigliava più a Gaza dopo l’offensiva israeliana del 2021, con le strade ridotte a canali di scarico fangosi dopo essere state centrate da bombe e missili, nel racconto di Michele Giorgio. Nelle stesse ore in cui i reparti israeliani rioccupavano dopo 21 anni il campo profughi di Jenin, a poche decine di chilometri di distanza migliaia di israeliani al grido di «Democrazia, democrazia» hanno bloccato l’accesso all’aeroporto di Tel Aviv in protesta contro la riforma giudiziaria avviata dall’ultra destra segregazionista di Netanyahu.

Campo di battaglia

Bilanci da campo di battaglia: otto i palestinesi uccisi fino a ieri sera dall’esercito, tutti giovanissimi, tra i 16 e i 23 anni. Altri 80 sono stati feriti, sette dei quali gravemente. Quasi tutti giovani, alcuni adolescenti. «Tutti terroristi» per le autorità israeliane. Ferito un soldato, lievemente. Gran parte degli uccisi sono stati colpiti durante le prime fase dell’attacco, quando i droni hanno lanciato raid a ripetizione. I commentatori israeliani sostenevano ieri che i gruppi armati palestinesi si erano preparati all’invasione di Jenin – se ne parlava da tempo, la destra estrema al governo l’ha invocata per settimane – «ma sono stati colti di sorpresa dai raid aerei, si aspettavano l’arrivo dei carri armati».

Bersaglio ‘campo profughi’

L’obiettivo dell’operazione è stato sin dall’inizio il campo profughi (circa 20 mila abitanti) la roccaforte delle formazioni armate palestinesi, che Israele accusa degli attacchi contro militari e coloni compiuti in questi mesi nel nord della Cisgiordania occupata: dall’inizio dell’anno sono stati uccisi oltre 130 palestinesi, non pochi dei quali civili, e una trentina di israeliani. I profughi prima li crei, li isoli nella precarietà, poi quando si ribellano li colpisci nuovamente. I cecchini sui tetti delle case per tenere sotto tiro i palestinesi che sparavano mentre gli uomini delle unità speciali israeliane facevano irruzione in decine di edifici per distruggere presunti centri di comando dei gruppi armati, depositi di armi e di esplosivi, per arrestare e interrogare, la cronaca del Manifesto.

Soccorsi quasi impossibili

«Con le strade distrutte dalle ruspe i mezzi di soccorso hanno potuto raggiungere i feriti con grande difficoltà, la situazione resta grave», raccontava ieri pomeriggio Adel Natour, un abitante di Jenin, sottolineando che gran parte del campo profughi era senza corrente elettrica. Denunce sono arrivate anche dai medici. «Abbiamo visto diversi pazienti con ferite da arma da fuoco alla testa e abbiamo ricevuto 37 pazienti feriti… I raid a Jenin stanno diventando sempre più frequenti e intensi…l’ospedale dove stiamo curando i pazienti è stato colpito da gas lacrimogeni», la denuncia di Medici Senza Frontiere.

Profughi dal Campo profughi

Ieri sera, per la mancanza di elettricità e in parte anche di acqua nel campo profughi e per l’occupazione da parte dell’esercito israeliano, la Mezzaluna Rossa ha annunciato l’evacuazione di 500 famiglie palestinesi, circa 3mila persone. L’attacco alla città palestinese dovrebbe concludersi «entro qualche giorno» dicono gli israeliani. Pochi però credono la destra estrema al governo si accontenti di risultati minimi, se otto morti e i 50 feriti gravi si sembran pochi.

La guerra per i coloni

Spiegava ieri il quotidiano Haaretz, questa offensiva è scattata soprattutto per soddisfare il ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir e altri ultranazionalisti desiderosi di «dare una dura lezione ai palestinesi dopo l’uccisione di quattro coloni in Cisgiordania». L’escalation è dietro l’angolo. Hamas e il Jihad Islami esortano a «resistere». La popolazione palestinese manifesta a sostegno di Jenin e a Ramallah un manifestante è stato ucciso dai soldati, ed ecco la nona vittima del giorno.

Occupanti e terroristi

«Una volta è la striscia di Gaza, un’altra Jenin, Hebron o Nablus. Quando le violenze accadono a Gerusalemme, pur se non così sanguinose come altrove in Palestina, fanno comunque da innesco a una nuova piccola guerra a Gaza o a Jenin». Ugo Tramballi, sulle sue ‘slownews’ aveva anticipato di qualche giorno quello che si preparava a Jenin. «L’esercito israeliano entra ed esce quando vuole dalle città palestinesi: gabbie circondate da insediamenti ebraici, posti di blocco, strade solo per i coloni. Per un tragitto di venti chilometri a un israeliano bastano meno di 15 minuti, a un palestinese più di un’ora: quando gli è permesso di viaggiare».

L’esercito israeliano e le regole d’ingaggio

«Come in questi ultimi giorni a Jenin, l’esercito israeliano entra nelle città per arrestare o uccidere palestinesi responsabili di atti terroristici. In questi anni le sue regole d’ingaggio si sono molto abbassate: quasi sempre accade che con il terrorista muoiano donne, bambini, anziani. Nel 2022, considerato l’anno più sanguinoso da un ventennio, sono stati uccisi circa 250 palestinesi. A metà di quest’anno sono già più di 170».

La definizione di terrorista

«E’ diventata labile anche la definizione di terrorista: lanciare un sasso contro una camionetta blindata è ormai un atto di terrorismo. Una volta si riconosceva in qualche modo ai palestinesi il diritto di difendersi dall’occupazione, ora non più: gli occupanti entrano armati quando vogliono in una città palestinese e gli occupati che si difendono sono automaticamente terroristi. Il terrorismo ovunque, è sempre stato uno strumento a volte perverso, altre disperato della politica. Anche gli ebrei lo hanno praticato prima che venissero difesi da uno stato e dalle sue istituzioni».

L’interlocutore palestinese che manca

«Anche prima che entrasse in carica questo pericoloso esecutivo, Israele non ha quasi mai cercato di dare una risposta politica alle violenze palestinesi. Il problema è sempre stato visto in una dimensione militare: a volte necessaria, mai risolutiva. La sicurezza è la priorità e il collante di Israele: sintetizza e supera le diversità politiche, etniche e religiose del paese», spiegava ancora Tramballi. Jenin: «In effetti, le milizie della città sono un frutto spontaneo dell’occupazione e dell’assenza di un’alternativa, non degli ordini di Hamas, della Jihad o di Fatah».

La Cisgiordania, Jenin compresa, in teoria è sotto il controllo dell’Autorità Palestinese di Ramallah, guidata da Abu Mazen, 87 anni. Attorno a lui c’è un gruppo eterogeneo troppo impegnato nella lotta di successione già aperta, per tentare di ridurre i termini del dramma di Jenin e l’occupazione. Come i morti dei prossimi giorni, è tutto parte del manuale di questo conflitto senza fine.