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L’Anac smonta il Ponte sullo Stretto

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19/04/2023

da La Notizia

Raffaella Malito

Dopo il Codice degli Appalti ora anche il Ponte sullo Stretto di Messina finisce nel mirino dell’Autorità nazionale Anticorruzione.

Prima ha messo nel mirino il Codice degli Appalti su cui Matteo Salvini ha messo il cappello – mettendo in guardia dal rischio di voto di scambio e favori ai “cugini” – ora il presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia, in audizione presso le commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera, accende un faro su un altro provvedimento del governo Meloni, anche questo caro al ministro leghista, vale a dire il decreto che riesuma il Ponte sullo Stretto di Messina.

Dopo il Codice degli Appalti ora anche il Ponte sullo Stretto di Messina finisce nel mirino dell’Autorità nazionale Anticorruzione.

A sollevare nuovi interrogativi era stato peraltro il Def dello stesso esecutivo che ha evidenziato importi superiori a quelli finora stimati – da 10 a 15 miliardi circa – e la mancanza di coperture. Nel decreto Ponte – ha osservato Busia – “i costi non sono definiti e non è chiara quale sia la disciplina contrattuale applicabile. Serve vincolare il contraente generale a tempi e costi per rispettare la normativa europea e tutelare l’interesse pubblico”. Definire la disciplina contrattuale applicabile, ha spiegato Busia, “è importante in particolare per quelli che sono gli obblighi del contraente generale”.

                               

“I costi – ha osservato – non sono definiti dal decreto, mentre nel 2012 si subordinava la realizzazione dell’opera alla capacità di garantirne una sostenibilità economica, qui questo non c’è. Occorrerà valutare quali saranno le modifiche e l’impatto economico dell’opera. Vi sono elementi che portano a pensare che l’incremento economico sarà notevole, non solo per l’aumento dei costi delle materie prime, ma anche al tempo trascorso e alla necessità di adeguamenti”.

Il numero uno dell’Anac ha rilevato che il decreto legge in questione, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del contraente generale privato. E su questo Busia ha messo in guardia governo e Parlamento. Il decreto fa accettare al pubblico, infatti, il progetto dei privati, senza chieder loro di rinunciare al contenzioso in corso con lo Stato, e non stabilisce obblighi in capo al contraente generale sui tempi di realizzazione dell’opera, i costi, l’assunzione di tutti i rischi.

“Suggerisco al Parlamento di modificare questa parte, per non favorire eccessivamente un privato, che è già stato ampiamente posto in vantaggio dalla decisione di non fare la gara, accettando il vecchio progetto del 2011 di loro proprietà”, ha rimarcato.

Impossibile evitare la gara per un'opera del genere. Serissimo il rischio di violare i vincoli europei 

E anche sulla decisione di non indire la gara Busia dice la sua. La decisione di non farla – ha spiegato – sta in piedi rispettando i vincoli europei, ovvero solo se non si aumentano i costi oltre il 50% di quanto originariamente previsto (4 miliardi e 300 milioni nel 2002, saliti a 8 miliardi nel 2011). Altrimenti le decisioni del contraente privato potranno comportare oneri nuovi e sconosciuti per lo Stato. è lo stesso soggetto che detiene il progetto, che dice allo Stato cosa modificare, stabilendo quindi i costi.

Da qui il suggerimento dell’Authority al Parlamento di modificare questa parte. “Chiediamo inoltre – ha concluso Busia – di inserire nel decreto obblighi precisi in capo al contraente generale, sui tempi di realizzazione, sui costi, sull’assunzione dei rischi, e anche di controllare gli eventuali subappalti, così da evitare nocivi subappalti a cascata”.

 

L’auspicio è che che l’intero iter dell’opera sia trasparente e controllabile. Grande soddisfazione lascia trapelare il ministero di Salvini al termine del ciclo di audizioni sul decreto relativo al Ponte, per le rassicurazioni che sarebbero emerse sulla qualità del progetto, “una sfida che Salvini intende vincere, dopo decenni di studi e dibattiti”. Neanche una parola sulle obiezioni di Busia.